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Incarico dirigente, posizione organizzativa, nuclei di valutazione e contratti d'opera
Le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni

di GIANLUCA BERTAGNA (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Revoca dell’incarico dirigenziale
È nulla, per contrarietà a norme imperative, una disposizione inserita nel contratto di lavoro individuale che preveda una rescissione unilaterale e anticipata, senza alcun preavviso dell’incarico dirigenziale, a insindacabile giudizio del sindaco. È questo il contenuto dell’ordinanza n. 5043/2020, con la quale la Corte di cassazione ha analizzato il caso di un dirigente comunale, assunto con contratto a termine, il quale aveva impugnato l’atto con cui era stato avviato il procedimento di revoca dell’incarico conferitogli e il provvedimento con cui il contratto di lavoro era stato risolto con effetto immediato. In particolare, il lavoratore aveva lamentato che la disposizione contenuta nel contratto di lavoro individuale, richiamata dall’ente per procedere alla revoca anticipata dell’incarico, fosse radicalmente nulla per contrarietà a norme imperative, atteso che l’articolo 21 del Dlgs 165/2001 prevede tassativamente la revoca dell’incarico per il mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero per inosservanza delle direttive, imputabili al dirigente.

Conferimento dell’incarico di Po a personale di categoria C
Prima del Ccnl del 21 maggio 2018 l’affidamento di incarichi di posizione organizzativa a dipendenti di categoria C è sempre stato molto controverso. Con la sentenza n. 33/2020la Corte dei conti ha affermato che rispondono di danno erariale il sindaco, il segretario comunale e il dipendente che ha provveduto a redigere il relativo decreto, i quali abbiano concorso nel conferire un incarico di Po a personale di categoria C, in presenza, all’interno dell’organigramma dell’ente, di istruttori direttivi (ex funzionari) appartenenti alla categoria D. I magistrati contabili hanno affrontato un esposto relativo a un’ipotesi di danno alle finanze e al patrimonio di un Comune, per l’illegittima attribuzione di posizione organizzativa (Po) a un dipendente di categoria C, pur in presenza di personale di categoria D, con indebita corresponsione delle relative indennità. Secondo il collegio il limpido impianto normativo rendeva ultronee e, comunque, irrilevanti le deduzioni dei soggetti circa presunte indisponibilità a ricoprire la funzione da parte del personale di categoria D dell’ente, o su un presunto stato di necessità, non essendo queste circostanze previste dalla specifica disciplina contrattuale e legislativa, che stabilisce invece precisi parametri per l’assegnazione delle posizioni di lavoro, altrimenti privi di significato giuridico. Va ricordato che il Ccnl 21 maggio 2018 ha ridisegnato l’istituto.

Nuclei di valutazione e incompatibilità dei membri
In base all’articolo 14 del Dlgs 150/2009 un avviso di selezione per la nomina del nucleo di valutazione ha previsto che «non possono essere nominati componenti del nucleo di valutazione coloro che: (…) 4. rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali, ovvero che hanno rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni, ovvero che hanno rivestito simili incarichi e cariche o che hanno avuto simili rapporti nei tre anni precedenti la designazione». Fino a dove si estende questa limitazione. Qual’è il perimetro di riferimento? La risposta giunge dal Tar Campania con la sentenza n. 664/2020 nella quale è indicato che «La mera iscrizione, quale adesione ideale alle scelte politico-ideologiche di un partito, non presenta in sé un contenuto attivo e propositivo, a differenza dell’assunzione di cariche politiche o dell’assunzione di incarichi di collaborazione e consulenza per conto di questo partito, che veicolano la possibilità di incidere dall’interno su queste scelte, contribuendo a determinarne profilo, direzione e intensità. Solo il maggior grado di influenza dell’impegno politico determina, quindi, una frizione con il richiamato principio di indipendenza dei componenti del nucleo di valutazione richiesto dalle menzionate disposizioni».

Distinzione tra contratto d’opera e appalto di servizi
L’ufficio personale, frequentemente, è coinvolto anche nelle procedure di affidamento e liquidazione dei compensi in caso di incarichi esterni. È particolarmente interessante il principio espresso dal Tar Puglia nella sentenza n. 237/2020, con la quale ha affrontato il ricorso di un soggetto, candidato ad una procedura per la selezione di due esperti per il supporto di un Rup di un Comune, per l’attività di analisi dei business plan, tutoraggio, accompagnamento e sessioni formative, dei soggetti candidati a un avviso pubblico per la creazione di nuove attività imprenditoriali presso quartieri target di rigenerazione urbana. L’oggetto principale della sentenza riguarda la differenza tra contratto d’opera e appalto di servizio, situazione fondamentale anche per capire quali procedure di affidamento attuare. Nel contratto d’opera la prestazione richiesta può assumere tanto i connotati di un’obbligazione di mezzi (ad esempio un parere, una valutazione o una stima peritale), quanto i caratteri dell’obbligazione di risultato (ad esempio. la realizzazione di uno spartito musicale, o di un’opera artistica di particolare pregio). Nel contratto di appalto, l’esecutore si obbliga nei confronti del committente al compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, con organizzazione dei mezzi necessari (di tipo imprenditoriale) e con assunzione in proprio del rischio di esecuzione della prestazione (articolo 1655 del codice civile). Ne consegue che le norme in tema di appalto si palesano nelle ipotesi in cui il professionista si sia obbligato a strutturare una stabile organizzazione per l’esecuzione della prestazione, mentre la mancanza di questo requisito derivante dall’unicità, dalla singolarità e puntualità dell’incarico, nonché dalla determinatezza dell’arco temporale in cui si deve svolgere la prestazione professionale, inducono a qualificare la fattispecie quale contratto di prestazione d’opera e dunque quale consulenza e/o collaborazione autonoma.


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