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Milleproroghe: gli interventi sul personale della sanità
Analisi degli articoli di rilievo per il personale del Servizio sanitario nazionale contenuti nella legge di conversione del decreto

È in vigore dal 29 febbraio scorso la legge 28 febbraio 2020, n. 8 di conversione del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162 (il cosiddetto “Milleproroghe 2020”). Sia la legge di conversione che il decreto legge coordinato con la legge di conversione sono stati pubblicati sul supplemento ordinario n. 10 alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 29 febbraio 2020 ed entrati in vigore il giorno stesso.
In tema di decretazione di urgenza, va ricordata la giurisprudenza costituzionale, la quale ha inciso a fondo sulla prassi costituzionale e sul concreto funzionamento dell’ordinamento giuridico, talora segnando veri e propri momenti di svolta, come la sentenza della Corte Costituzionale n. 360 del 1996 che ha sostanzialmente posto fine al fenomeno della reiterazione infinita dei decreti-legge non convertiti.  Successivamente altre pronunce della Consulta sono intervenute sul fenomeno. Di particolare rilievo è la sentenza n. 32 del 2014, secondo la quale la conversione in legge si configura quale procedimento tipico e vincolato, con la conseguente “esclusione della possibilità di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all’oggetto e alle finalità del testo originario“.

L’insegnamento della Consulta non sembra peraltro essere servito, perché la prassi di stravolgere un decreto legge in sede di conversione è più attuale che mai. Nel caso in discussione, basti pensare che, con le modifiche introdotte dalla legge di conversione, il testo del provvedimento originariamente previsto in 44 articoli supera gli 80 articoli e, inoltre, c’è da aggiungere che in parecchi articoli di quelli rimasti con la numerazione originaria sono aggiunti altri commi. Emblematico in tal senso è l’articolo 1 che, originariamente previsto con 10 commi, è passato a 35; per non parlare del comma 10 dello stesso art. 1 dopo il quale sono stati aggiunti ben 16 commi dal 10-bis al 10-septiesdecies con una numerazione latina incomprensibile ai non addetti ai lavori.
A testimonianza del livello di confusione raggiunto, si ricorda che alla Camera il 19 febbraio sono passati due emendamenti del Governo all’art. 5. Il primo consente ai medici di rimanere in servizio fino a 70 anni su base volontaria mentre con il secondo diventa possibile per le aziende sanitarie assumere fino al 2022 medici specializzandi al 3° anno della scuola di specialità. Sono interventi sicuramente necessari (il primo, tra l’altro, è contenuto nel Patto per la Salute del dicembre 2019, ma solo pochi giorni prima era stato ritenuto inammissibile in Commissione) ma è fuori dubbio che la procedura utilizzata non risponde ai canoni costituzionali. E che la problematica non avesse nulla a che fare con le proroghe è testimoniata dal fatto che è stato introdotto un art. 5-bis avulso dal testo originario.

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