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Emergenza Coronavirus: le buone pratiche sperimentate dal Comune di Trieste
Modello Lae (Lavoro agile in emergenza): le possibilità dello smart working ordinario per operare in caso di situazione critica (e non solo)

Su ilgiornaledellaprotezionecivile.it viene illustrato, come interessante buona pratica applicabile anche ad altre realtà, il caso del Comune di Trieste come primo Ente locale italiano ad applicare il modello Lae (Lavoro agile in emergenza), per la propria amministrazione.
Rispondendo con velocità a una situazione di emergenza, l’amministrazione è riuscita a sfruttare e applicare le capacità di smart working ordinario per contenere l’espansione del nuovo Coronavirus Covid-19. Nato sull’onda dell’emergenza che ha improvvisamente colpito l’Italia in generale e il Friuli Venezia Giulia in particolare, il modello del Lae è stato applicato in brevissimo tempo.

Lavoro agile in emergenza: di cosa si tratta?

Lorenzo Bandelli, direttore del Dipartimento Innovazione, Manuela Sartore, direttrice del personale, e Christian Tosolin, social media manager del Comune di Trieste, hanno spiegato al quotidiano online in che modo hanno lavorato per fronteggiare un’emergenza mai vista, fornendo una risposta immediata con un modello da subito disponibile per tutti.
“Innanzitutto”, spiega da subito Lorenzo Bandelli, “eravamo già attrezzati per dare un’accelerazione allo smart working ordinario, finalizzandolo però all’emergenza. Il Lae, che parte oggi, nasce in un momento in cui parte della nostra Regione ha uffici didattici e lavorativi sospesi, ma si basa su un lavoro che parte da lontano”.
“Stavamo lavorando da tempo alla nascita dello smart working ordinario – specifica Manuela Sartore, direttrice del personale -, il background che avevamo ci ha consentito di rispondere adeguatamente in pochissimi giorni a questa situazione critica. Durante l’emergenza abbiamo raccolto tutti gli spunti usciti fuori dal gruppo di lavoro, per estrapolare gli elementi essenziali che potessero essere applicati anche al di fuori dell’ordinario”.
Ma quali sono gli elementi essenziali del modello? Risponde Lorenzo Bandelli: “Bisogna contare innanzitutto su una forte partecipazione da parte del lavoratore. Il lavoratore deve avere la sua autonomia, a fronte di una responsabilizzazione dei risultati; deve quindi operare con i suoi strumenti – a differenza di quanto avviene nello smart working ordinario, in cui è l’ente a fornirli”.

Il modello applicato dal Comune di Trieste

“Oltre all’autonomia, bisogna seguire un certo tipo di attività compatibile con la situazione emergenziale. Quale tipo di lavoro può essere effettuato con il modello Lae? È chiaro che in una situazione emergenziale non tutte le attività sono compatibili. Per esempio, uno sportello aperto al pubblico sarebbe difficile da pensare in una situazione del genere”.
“Un altro criterio da adottare è la capacità di lavorare per obiettivi. Per farlo, la razionalizzazione del lavoro deve essere condivisa – bisogna sapere cosa poter fare. Abbiamo anche creato una sorta di breviario con esempi di attività che possono essere rese nel lavoro agile in emergenza – che, ricordo, è diverso dal lavoro agile ordinario. Per esempio abbiamo selezionato della attività che non richiedono un uso di tecnologie diverse dal semplice smartphone. Chiaramente, se un lavoratore ha a disposizione un PC e una connessione a internet può avere altri compiti. Il criterio centrale però rimane la remotizzazione dell’attività dell’ufficio, che va da compiti più tecnologici a compiti meno tecnologici”.

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