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Permessi per ragioni personali o familiari: non serve documentare la richiesta

di ARTURO BIANCO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

 

In caso di esaurimento delle 18 ore di permesso annuo per visite mediche, esami specialistici, terapie eccetera i dipendenti possono utilizzare i permessi per ragioni personali o familiari. I permessi per visite mediche introdotti dai contratti collettivi nazionali di lavoro del triennio 2016/2018 possono essere utilizzati per il periodo di spostamento necessario, anche se la visita o l’esame è al di fuori dell’orario di lavoro. La durata dei permessi medici deve essere fissata in relazione alla visita e al tempo necessario per raggiungere la sede. Sono queste le indicazioni dettate dall’ARAN nei pareri Cfc 26, 32 e 33.

L’importanza di queste indicazioni è data dal fatto che questi principi possono essere applicati a tutti i contratti nazionali, quindi anche al personale degli enti locali. I permessi per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche, esami diagnostici sono una possibilità ulteriore rispetto alle altre forme di assenza giustificata consentite dalla contrattazione nazionale. Siamo in presenza di norme che si aggiungono alle opportunità già previste dalla contrattazione nazionale, per cui non vi è un vincolo a ricorrere a questo istituto, ma ad esempio possono essere utilizzati i permessi per ragioni personali e/o familiari, ma sapendo che questi ultimi sono assoggettati, a differenza dei primi, all’accertamento della «compatibilità con le esigenze di servizio». Il parere mette in evidenza anche che la richiesta di permessi per ragioni personali o familiari «non prevede più la necessità di documentare le ragioni per le quali viene richiesto il permesso, anche se la motivazione, che consente di ricondurre tale tutela alle esigenze personali e familiari dell’interessato, va comunque indicata nella richiesta». Anche nel caso in cui l’orario della visita medica sia al fuori di quello di lavoro si possono utilizzare i permessi per ragioni mediche per il periodo necessario a raggiungere il luogo in cui la stessa si svolge.

La normativa contrattuale fissa un rapporto di “strumentalità” e diretta coordinazione tra il tempo per le visite, terapie eccetera e quello necessario per raggiungere il luogo di esecuzione delle stesse e/o per il rientro alla sede di lavoro. Per cui anche nel caso in cui la visita, esame eccetera «si colloca al di fuori dell’orario di lavoro, il tempo di percorrenza, qualora ricada all’interno dell’orario di lavoro e sia strettamente necessario per raggiungere la sede di esecuzione delle suddette prestazioni all’ora fissata, possa essere egualmente imputato» a questa tipologia di permessi, fermo restando che l’ente è tenuto a dare corso alle necessarie verifiche e che i dipendenti devono produrre le relative attestazioni. Non vi sono specifiche prescrizioni contrattuali sulla durata minima della visita medica nel caso in cui il dipendente si assenti per questa ragione per la intera giornata lavorativa. Quindi, non è necessario che per potere pervenire a questo risultato la durata della visita medica o dell’esame specialistico o della terapia sia di almeno mezza giornata. Gli enti devono verificare la presenza di «una ragionevole corrispondenza tra l’attestazione e l’assenza dal servizio» e possono anche dettare delle indicazioni operative. Dobbiamo infine ricordare che in questa giornata, salvo i permessi per l’assistenza ai disabili e quelli per il cd allattamento, non si può dare corso ad assenze ad altro titolo.


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