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Tfr, per la cessione non si applica il limite del quinto

di ANDREA ALBERTO MORAMARCO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Alla cessione del trattamento di fine rapporto dei lavoratori non si applica il limite del quinto. Ciò vale sia nel settore pubblico, sia in quello privato. Ad affermarlo è la Sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 3913, depositata ieri, all’esito di un’attenta disamina delle disposizioni del Dpr n. 180/1950 (Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni), alla luce delle modifiche apportate dal Dl n. 35/2005, convertito con modificazioni dalla Legge n. 80/2005 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale).

I fatti

All’origine della decisione c’è la vicenda che ha coinvolto un lavoratore del settore privato il quale, in seguito a dimissioni, vantava un credito nei confronti del datore di lavoro per trattamento di fine rapporto di poco più di 3 mila euro, credito che veniva ceduto ad una società finanziaria. Successivamente, si instaurava una controversia tra i diversi protagonisti della vicenda avente a oggetto una questione giuridica delicata: se alla cessione del trattamento di fine rapporto fosse applicabile il limite del quinto previsto per gli stipendi dei dipendenti pubblici. A tale quesito i giudici di merito rispondevano positivamente, sottolineando come «la progressiva assimilazione legale del trattamento riservato alla tutela degli emolumenti dei dipendenti pubblici a quella dei dipendenti privati garantisca la loro incedibilità oltre il quinto, anche per quanto attiene il Tfr», parificando in sostanza tale emolumento a stipendi e salari.

Nessun limite per la cessione del Tfr

Di diverso avviso, invece, si mostra la Cassazione che smentisce la decisione della corte territoriale, confermando il ragionamento seguito dai giudici di merito sull’applicabilità anche al settore privato della disciplina dettata per il settore pubblico dopo le modifiche del 2005, ma affermando allo stesso tempo l’insussistenza di limiti o vincoli alla cessione del trattamento di fine rapporto. Tale assunto si fonda su due considerazioni: la prima riguarda il fatto che il trattamento di fine rapporto non rientra tra i crediti strettamente personali, il cui trasferimento è vietato dalla legge, in quanto si tratta di credito legato sotto il profilo causale al rapporto di lavoro, con funzione soltanto «latamente previdenziale»; la seconda riguarda la ratio della disciplina dettata dal Dpr n. 180/1950, che estende il limite della cessione del quinto dello stipendio per un periodo non superiore a dieci anni a tutte le indennità, quali pensioni o altri assegni equivalenti, che abbiano carattere di continuatività e non, quindi, al trattamento di fine rapporto che è erogato in unica soluzione e che funge da «forma di garanzia per l’estinzione del debito contratto dal cedente».


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