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"No" al trasferimento del dipendente con figli minori di 3 anni se il sottorganico supera il 40%

di DOMENICO IROLLO (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.
La PA può legittimamente negare l’assegnazione temporanea triennale richiesta da un proprio dipendente, genitore di figli minori di tre anni, a una sede di servizio ubicata nella stessa Provincia o Regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa (articolo 42-bis del Dlgs 151/2001) quando la sede di appartenenza sia in una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, va equitativamente fissata in una percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio. È questa una delle interessanti indicazioni fornite dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 961/2020.
I presupposti normativi La norma richiamata infatti subordina la concessione del beneficio alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva presso la sede “ricevente” nonché il previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso non solo «deve essere motivato» ma deve essere «limitato a casi o esigenze eccezionali».
La giurisprudenza Una giurisprudenza pressoché univoca, superando l’apparente equivoco al quale sembrerebbe indirizzare l’analisi letterale, ritiene che il beneficio dell’assegnazione temporanea in parola riguardi non soltanto le ipotesi di mobilità tra diverse amministrazioni, bensì anche quelle di mobilità cosiddetta interna alla medesima amministrazione. Stesso dicasi per l’estensione del suo perimetro applicativo anche a tutto il personale militare e delle Forze di polizia, sebbene con le specificità settoriali delle Forze Armate e dei Corpi di polizia. Diverso il discorso con riferimento alla corretta esegesi della locuzione «casi ed esigenze eccezionali» che l’amministrazione può validamente opporre al lavoratore per negargli la concessione. In proposito, infatti, si confrontano tre diverse tesi: secondo un primo orientamento, l’ente potrebbe rifiutare l’assegnazione temporanea se illustra prevalenti esigenze organizzative e di servizio, ossia ragioni consistenti anche in mere carenze di organico nella sede “cedente”; per una seconda tesi, di segno diametralmente opposto, l’ente non potrebbe limitarsi ad argomentare il diniego, opponendo mere ragioni organizzative, dovendo provare al contrario, in ragione dell’eccezionalità del rigetto dell’istanza, esclusivamente la sussistenza di una situazione di indispensabilità del lavoratore presso quella sede di servizio, correlata ad esempio alla specifica professionalità da questo vantata; in base a una terza impostazione, intermedia, le ragioni eccezionali alle quali la PA può ancorare il diniego possono essere correlate anche ad esigenze organizzative non direttamente riferite al lavoratore istante, purché tali esigenze siano oggettivamente non comuni e di evidente rilevanza (“marcate” carenze di organico).
La sentenza Palazzo Spada non si limita ad aderire all’indirizzo intermedio ma fornisce una serie di utili esemplificazioni in cui può ravvisarsi l’eccezionalità che consente all’amministrazione, gravata dal relativo onere probatorio, di negare il beneficio e nello specifico: a) quando la sede di appartenenza del richiedente registri appunto deficit organici pari o superiore al 40%, anche se riferiti all’ambito territoriale del Comando direttamente superiore; b) quando pur non presentando una scopertura di quel livello presenta comunque un vuoto di organico ed è ubicata in un contesto caratterizzato da peculiari esigenze operative (emergenze terroristiche o di criminalità organizzata); c) quando effettivamente l’istante svolge un ruolo di primaria importanza nell’ambito della sede di appartenenza e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento; d) quando il richiedente è comunque impiegato in un programma o in una missione speciale ad altissima valenza operativa.

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