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Ricetta soft per i tagli a sindacati e patronati
Piano Amato. Il documento del commissario di Governo

Fonte: Il Sole 24 Ore

Allineare il pubblico impiego alle regole valide nel settore privato, e cioè porre a carico dei sindacati la retribuzione dei dipendenti chiamati a incarichi presso le proprie organizzazioni. O in alternativa, seguire la strada aperta con la riforma Brunetta nel 2009 e ridurre ulteriormente il contingente di distacchi e permessi autorizzati ogni anno.
Sono due delle ipotesi di intervento contenute nel documento messo a punto da Giuliano Amato, nella sua veste di commissario incaricato di elaborare una proposta governativa per ridurre i costi delle attività sindacali a carico dello Stato (l’altro incarico riguarda i trasferimenti ai partiti).
Il testo, di cui il Sole 24Ore è entrato in possesso, prevede anche una terza opzione sui permessi e i distacchi sindacali – quasi una sorta di suggerimento – vale a dire incentivare in sede di contrattazione i sindacati a utilizzare i propri iscritti in pensione per gli incarichi direttivi.
Secondo i dati diffusi a fine 2011 dal ministero per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, nel 2010, dopo la riduzione del 15% decisa dal vecchio Governo, le assenze per motivi sindacali nella Pa corrispondevano a 3.655 dipendenti/anno nel 2010, per un costo complessivo di 113,2 milioni di euro. Il documento affronta poi altri due nodi: l’attività dei patronati (che hanno già subito un taglio di 90 milioni nel triennio 2010-2012) e quella dei centri di assistenza fiscale (caf). Nel primo caso si esclude la possibilità di un ulteriore taglio del finanziamento, ricordando tra l’altro che l’attività dei patronati è finanziata con i contributi versati dai datori di lavoro all’Inps. La proposta è invece quella di una razionalizzazione della loro attività (con forme di finanziamento basate sulla valutazione delle prestazioni) per evitare inefficienze e gestioni scorrette da parte delle organizzazioni meno efficienti. Per i caf, infine, dopo la riduzione a 14 euro del compenso a carico dello Stato decisa l’anno scorso per ogni dichiarazione elaborata e trasmessa (26 euro per i modelli 730), si ipotizza di dare una base normativa alle prestazioni oggi fornite in convenzioni ma con l’attenzione di «non danneggiarne l’efficienza della gestione». Far pagare un contributo ai cittadini che si rivolgono ai caf è giudicato invece inopportuno, si tratterebbe di un insopportabile «ticket sulle tasse».


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