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Mobbing (straining): presupposti e regime probatorio
Una lavoratrice agisce in giudizio contro il datore di lavoro al fine di fare accertare le condotte di mobbing, di straining e di demansionamento, con richiesta del conseguente risarcimento del danno patito, oltre che per ottenere la superiore qualifica dirigenziale asseritamente spettante per aver svolto mansioni superiori. Le valutazioni della Cassazione

Una lavoratrice ha agito in giudizio contro il datore di lavoro al fine di fare accertare le condotte di mobbing, di straining e di demansionamento, con richiesta del conseguente risarcimento del danno patito, oltre che per ottenere la superiore qualifica dirigenziale asseritamente spettante per aver svolto mansioni superiori a quelle del formale inquadramento e la corresponsione delle differenze retributive. Sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 4 ottobre 2019, n. 24883.

Massima

Anche se lo straining è integrato in assenza di intento persecutorio, comunque il ricorrente deve provare la sussistenza del danno, la nocività dell’ambiente lavorativo e il nesso causale tra le due.

Fatto

La Corte d’appello di Milano ha respinto il ricorso proposto da un lavoratore avverso la decisione del Tribunale meneghino che aveva rigettato il ricorso inteso all’accertamento delle condotte di mobbing e/o straining e di demansionamento asseritamente poste in essere dalla società nei suoi confronti ed al risarcimento dei danni patiti, patrimoniali e non, nonché, in relazione al dedotto svolgimento di mansioni superiori rispetto ai livelli di inquadramento formalmente riconosciutile, all’accertamento del diritto alla qualifica dirigenziale, con connesse differenze retributive.

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