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Pubblico impiego, resta il blocco Niente aumenti per tutto il 2014
Lavoro L'incontro tra le parti sociali. Il ministero avvia il monitoraggio per la riforma del mercato
Giovannini: dopo l'estate correttivi alle pensioni, ora la semplificazione

Fonte: Corriere della Sera

Un tavolo per affrontare la questione dei precari della pubblica amministrazione «che dovranno diventare un’eccezione e invece oggi sono la regola», mentre sul blocco degli stipendi esteso fino al 2014 non ci sono margini di manovra. Il ministro della Pubblica amministrazione, Giampiero D’Alia, incontra i sindacati di categoria, ascolta le loro richieste ed evita di prendere impegni che non sarebbe facile mantenere. Il problema è sempre quello, i soldi: per i 110 mila contratti a termine del settore il governo ha reso possibile la proroga fino alla fine dell’anno ma a patto che le singole amministrazioni abbiano i soldi per farlo. Mentre sul blocco della contrattazione, partito nel 2010 e prorogato fino al 2014 dal governo Monti con un decreto ancora in Parlamento per il parere delle commissioni, D’Alia ha fatto capire che la decisione spetta a chi controlla i conti pubblici. Per questo diventa possibile un nuovo incontro, stavolta con il presidente Enrico Letta e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.

Prudenti ma non soddisfatti i sindacati. Cgil, Cisl e Uil considerano «inderogabile necessità di una discontinuità delle politiche nel lavoro pubblico». Mentre la Confsal parla di «risposte non adeguate» e promette «azioni di lotta». Oggi D’Alia sarà di nuovo in Parlamento per illustrare il suo programma, come stanno facendo in questi giorni tutti i ministri. E dovrebbe dire qualcosa di più su due misure allo studio fin dai primi giorni del suo incarico. La prima riguarda i tempi, lentissimi, della burocrazia italiana. Con l’ipotesi di fissare dei limiti temporali precisi per ogni singolo procedimento con la possibilità di introdurre anche dei meccanismi di natura indennitaria, cioè dei risarcimenti, in caso di sforamento. La seconda, più in generale, riguarda la semplificazione delle procedure burocratiche. Si dovrebbe partire dalle «100 procedure più complicate da semplificare» coinvolgendo anche i cittadini e chiedendo loro consigli e suggerimenti su cosa cambiare. Il modello sarà quello della consultazione pubblica via Internet, già utilizzato dal governo Monti sia per la spending review sia per l’abolizione del valore legale del titolo di studio.

Di semplificazioni ha parlato anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini: «Su questo tema a brevissimo avremo un’operazione del governo di forte impatto». Ma poi è tornato sul pacchetto di misure che il governo dovrebbe approvare prima della fine di giugno e a ridosso del Consiglio europeo sull’occupazione. Ha sottolineato il ministro che le risorse messe a disposizione da Bruxelles per la Youth guarantee , il progetto di contrasto alla disoccupazione giovanile, non basteranno: «Quei 400-500 milioni sono qualcosa che non è adatto alla gravità della situazione». E ha raffreddato le attese sugli sgravi fiscali per chi assume: «È vero, il cuneo fiscale in Italia è molto elevato ma la riduzione va perseguita a medio termine, sul piano congiunturale non ci si aspetti che produca il massimo». Giovannini ha ricordato che il «governo Prodi ridusse il cuneo con un intervento consistente ma l’effetto macroeconomico di quella misura fu bassissimo». E questo perché «si aumentavano le buste paga di poche decine di euro ogni mese, mentre le imprese che allora non se la sentivano di aumentare occupazione e investimenti non ebbero il coraggio di investire».

Giovannini ha difeso piuttosto la staffetta generazionale, il passaggio di consegne dagli anziani ai giovani: «Sarebbe un errore non cogliere cosa significa per un giovane lavorare a part-time ed essere inserito in un’azienda. Il lavoro è molto più del salario». E poi, dopo aver ricordato che il nodo pensioni verrà affrontato più avanti, ha chiesto al Parlamento di approvare rapidamente il nuovo Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, il cosiddetto riccometro usato per far pagare o meno tutti i servizi del welfare .


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