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Manager pubblici, stretta sugli stipendi
Sforbiciata del 25% per le società quotate, un freno ai bonus Torna anche il tetto di 300 mila euro per le non quotate. Intesa tra Letta e Saccomanni

Fonte: La Repubblica

Torna il tetto agli stipendi dei manager con un taglio del 25 per cento anche alle società quotate come Eni e Enel. Il governo vuole intervenire per dare un segnale forte in un momento in cui il Paese continua a subire le conseguenze della crisi.
La questione del tetto agli stipendi dei manager bolle ancora sul tavolo. Il limite ai 302,93 mila euro alle remunerazioni dei manager pubblici, contenuto nella nostra legislazione, era stato di fatto vanificato introducendo una deroga, per mano dello Sviluppo economico, per le società possedute dallo Stato che erogano servizi pubblici, come le Poste, le Ferrovie, Invitalia o l’Anas. Proteste per l’abolizione del tetto erano giunte dal capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta e il viceministro del Tesoro Fassina (Pd) aveva annunciato modifiche al Senato sulla delicata questione.
Ora il governo è intenzionato, dopo una intesa tra Letta e Saccomanni, a rilanciare e avrebbe pronto un emendamento che fa un passo in avanti e taglierebbe in modo radicale, del 25 per cento, le remunerazioni dei manager pubblici delle società quotate e di quelle non quotate che comunque emettono titoli. Secondo ambienti dell’esecutivo nella tagliola cadrebbero Eni e Enel.
Mentre per le società non quotate pubbliche che non emettono titoli sarà confermato il tetto dei 300 mila euro. La misura per le quotate scatterà tuttavia in sede di rinnovo del mandato e prevederà anche uno stop ai bonus. L’emendamento non è stato ancora valutato dalla Commissione Bilancio del Senato dove il decreto «del fare» (passato con la fiducia alla Camera) ieri ha compiuto un ulteriore passo in avanti in vista del passaggio in aula previsto per domani pomeriggio, dopo una coda di esame in Commissione, quando si scioglieranno gli ultimi nodi.
L’altro nodo aperto è quello del Durt, il nuovo documento di regolarità tributaria che secondo le imprese avrebbe moltiplicato, anziché semplificare gli adempimenti e che nelle intenzioni del governo avrebbe dovuto essere rilasciato dallo «sportello unico» anche in via informatica ma con validità di 180 giorni.
Il provvedimento, già arrivato a 114 articoli, contiene fondi per i trasporti, le scuole, la metropolitana di Napoli ma anche l’impignorabilità della prima casa da parte di Equitalia e il rilancio della spending review.
Tra le novità un «pacchetto Expo» (che dovrebbe contenere tra l’altro l’Iva agevolata al 10% per i biglietti d’ingresso all’Esposizione Universale). Si vieta inoltre l’uso del fax per le comunicazioni tra le amministrazioni pubbliche: la pubblica amministrazione potrà interloquire via posta certificata, o comunque per via telematica.
Riuscita, dopo un tentativo fallito con il decreto Lavoro, la scelta di Torino come sede per l’Autorità dei Trasporti.
Novità anche per le concessioni demanialiei relativi canoni per le spiagge, invece, come spiega il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, si tratta di una «moratoria» per consentire al governo di elaborare una riforma complessiva, che tenga conto anche «della direttiva europea Bolkestein» e che consetira di pagare i canoni, anche iscritti a ruolo, a settembre. Un impegno che il sottosegretario aveva preso con i balneari nelle scorse settimane, e che consentirà intanto di poter pagare «entro la fine della stagione».


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