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Redditi trasparenti, non per tutti
La Civit conferma la dicotomia prevista dalla legge dell'82. Ma la tesi non convince
Patrimoni online solo nei comuni sopra i 15 mila abitanti

Fonte: Italia Oggi

Tutti i comuni sono obbligati a pubblicare i dati riguardanti gli amministratori, ma solo quelli con popolazione superiore a 15.000 abitanti debbono inserire nel portale internet la situazione patrimoniale.La Civit, con la deliberazione 31 luglio 2013, n. 65 interviene a chiarire uno dei punti più controversi (e peggio «digeriti» dai componenti degli organi di governo) del dlgs 33/2013, la norma sulla trasparenza.Comuni obbligati. Il dlgs 33/2013 ha compiuto una cattiva opera di coordinamento interno, lasciando in vigore l’articolo 1, comma 1, n. 5), della legge 441/1982, che riferisce gli obblighi di pubblicazione della situazione patrimoniale solo ai comuni con oltre 15 mila abitanti.La Civit, invece di ricavare la conclusione, che appare la più corretta, di considerare l’articolo citato della legge 441/1982 incompatibile con la nuova disciplina della trasparenza, che non ha senso sia applicata in modo differenziato tra comuni, ritiene che debbono pubblicare la situazione reddituale e patrimoniale dei titolari di cariche elettive solo i comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti.Tutti i comuni, però, sono tenuti, qualunque sia il numero di abitanti, a pubblicare i dati e le informazioni previste dall’articolo 14, lettere da a) ad e) dell’articolo 14 (atto di nomina o di proclamazione, curriculum, compensi di qualsiasi natura, importi di viaggi di servizio e missioni, dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, e i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti, eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti).La Civit ritiene che l’articolo 14, poi, si applichi alle forme associative dei comuni se la popolazione complessiva i 15 mila abitanti.Decorrenza degli obblighi. L’obbligo di pubblicare quanto prevede l’articolo 14 del dlgs 33/2013, chiarisce la Civit, decorre dalla sua entrata in vigore.Non c’è alcuna norma di diritto transitorio, sicché gli obblighi di pubblicazione debbono essere adempiuti «alla data di entrata in vigore del medesimo decreto (20 aprile 2013)». Aggiunge la delibera che «il riferimento alla pubblicazione dei dati entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina (art. 14, comma 2) non riguarda, infatti, la decorrenza dell’entrata in vigore dell’obbligo ma è da intendersi riferito esclusivamente all’attuazione della disposizione successivamente alle elezioni».Soggetti tenuti. Obbligati a pubblicare i dati sono, nei comuni, sindaco, assessori e consiglieri. Ma gli obblighi soggettivi non riguardano solo le amministrazioni pubbliche. La delibera della Civit legge in modo estensivo le disposizioni. Il dlgs 33/2013 si estende a tutte le amministrazioni previste dall’articolo 1, comma 2, del dlgs 165/2001, nonché alle società ed enti partecipati. Gli oneri di pubblicità disciplinati dall’articolo 14, allora, impongono alle amministrazioni, agli enti e alle società di individuare al proprio interno i titolari di incarichi politici di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, anche con riferimento alle norme statutarie e regolamentari che ne regolano l’organizzazione e l’attività.Sanzioni. Altro fondamentale chiarimento della Civit riguarda le sanzioni. In primo luogo, la delibera chiarisce che gli obblighi di pubblicazione incombono direttamente sui componenti degli organi di amministrazione, i quali sono, dunque, tenuti a trasmettere al responsabile della trasparenza i dati, per la loro successiva pubblicazione. La sanzione prevista dall’articolo 47 del dlgs 33/2013, dunque, scatta nel caso di mancato adempimento al dovere di comunicare agli uffici le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione e non va applicata nei confronti del responsabile della trasparenza o degli uffici, ma ricade sugli amministratori reticenti. Invece, nessuna sanzione è applicabile nei confronti del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado che non acconsentano alla pubblicazione delle informazioni sul proprio status patrimoniale, «stante la subordinazione prevista dal legislatore per la diffusione dei relativi dati a un espresso consenso da parte dei medesimi».


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