Spending review ora tocca agli statali

Fonte: La Stampa

Il discorso del ministro Filippo Patroni Griffi, questa volta, non ha lasciato margini di dubbio ai sindacati. Accompagnandosi con una serie di tabelle, il ministro ha presentato la pubblica amministrazione che sarà dopo la Spending Review, ovvero quella legge che ha disposto un taglio del 20% sui dirigenti pubblici e del 10% sul resto del personale. Ebbene, tabelle organiche alla mano, nelle pubbliche amministrazioni ci sono 4028 esuberi di personale non dirigenziale e 487 di personale dirigente (nel dettaglio: 48 direttori generali di prima fascia, 439 dirigenti di seconda fascia).  

Un taglio che non sarà indolore, ma che garantirebbe allo Stato un risparmio di 392 milioni di euro, di cui 342 per il personale non dirigenziale e altri 50 per i dirigenti. «Il governo – spiega – ha evitato e, comunque, ha molto contenuto l’impatto traumatico sul personale. Il nostro obiettivo non è rincorrere coloro che si auguravano licenziamenti di massa nel pubblico impiego e allo stesso tempo non abbiamo inseguito chi che non avrebbe voluto far nulla. Evidentemente c’è scarsità di risorse, bisogna ridimensionare tante cose e anche le amministrazioni pubbliche».  

Per meglio inquadrare queste cifre, va considerato però che Esteri, Economia, Interno, Giustizia, Presidenza del Consiglio dei ministri, enti parco, agenzie fiscali, e Inps, non sono ancora stati conteggiati. Che la scuola segue regole diverse. Lo stesso dicasi per il mondo militare. E che manca del tutto il sistema degli enti locali, oggetto di una seconda Spending Review, appena licenziata. Queste tabelle riguardano insomma appena 50 enti, i quali dovranno attestarsi su 94.249 dipendenti, 1769 dirigenti di seconda fascia e 209 dirigenti generali. Ma la somma dei dipendenti pubblici in Italia sfiora i 3,3 milioni.  

Le proteste non mancano. La Cgil è già sulle barricate: «No ad una politica tutta fondata sui vincoli di bilancio e sui sacrifici, senza alcuna certezza sulla garanzia dei servizi ai cittadini, e contro la quale si terrà lo sciopero europeo di domani (oggi, ndr)». Così la Uil: «Proposta irricevibile. Il nostro Paese ha bisogno non di meno pubblico, ma di un pubblico più efficiente». Più possibilista la Cisl: «I soprannumeri non devono trasformarsi in esuberi, la soluzione deve essere il riassorbimento o il pensionamento con requisiti agevolati». E l’Ugl: «Restando ancora da conoscere le eccedenze in diverse amministrazioni dei ministeri e degli enti pubblici non economici, così come nelle autonomie locali e nella scuola, è necessario conoscere precisamente quale sarà il quadro complessivo che consentirà quindi di avviare la mobilità volontaria e, in questo modo, ridurre al massimo i prepensionamenti». 

Il ridimensionamento della pubblica amministrazione, per come è stato impostato dalla Spending Review, passerà comunque attraverso un confronto con i sindacati. E Patroni Griffi si preoccupa di raffreddare il clima: «Non si tratta di licenziamenti, ma di circa quattromila eccedenze che saranno gestite attraverso un esame congiunto». Gli strumenti per tagliare sono i soliti: pensionamenti ordinari, prepensionamenti, part time, mobilità volontaria, infine mobilità obbligatoria per due anni con riduzione degli stipendi. «Solo quando si arriverà a questa fase, si potrà parlare di esuberi veri e propri», conclude il ministro.  

In verità i numeri sono ancora incerti. Innanzitutto perché mancano all’appello alcune amministrazioni di peso come Interno e Giustizia (anche se già si sa che quest’ultima è in sotto organico e non avrà eccedenze), più l’Inps (e qui invece le eccedenze sono pesanti: si parla di 2000 persone di troppo, a cui sommare i 648 dell’Inail). Il conteggio, poi, è reso complicato dal fatto che molte amministrazioni lamentano buchi di organico e che molti dipendenti pubblici potrebbero approfittare delle regole ancora favorevoli per andare in pensione. Prima di arrivare alla mobilità obbligatoria, dunque, e al possibile licenziamento dopo 24 mesi, ce ne corre.  

Chi rischia di più, sostengono al dipartimento della Pubblica amministrazione, sono i troppi dirigenti esterni con contratto a tempo determinato, i cosiddetti “incaricati”. «Sui dirigenti – spiega Barbara Casagrande, segretario generale Unadis – non abbiamo il numero esatto sulle eccedenze, perché hanno fornito disaggregato il dato tra ruolo e incaricati, e non è ancora chiaro il dato definitivo. Abbiamo lamentato la scarsa chiarezza dei dati e a invitato il ministro ad illustrare quale sia la visione politica generale di insieme». 

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