Retribuzione e altre indennità

OSSERVATORIO GIURISPRUDENZA

In un caso di mobilità esterna tra pubbliche amministrazioni, l’amministrazione ricevente si doleva dell’errata applicazione della normativa sull’assegno ad personam e sulla sua non riassorbibilità affermata in due gradi di giurisdizione. La Cassazione condivide le considerazioni di parte ricorrente.
Ordinanza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 6 giugno 2019, n. 15371.

Massima

In tema di pubblico impiego, l’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, che riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della cessione del contratto, comporta, per i dipendenti trasferiti, l’applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico già acquisito, che sono destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria.

Fatto

La ricorrente proveniente dal Comparto Scuola, a decorrere dal 15 marzo 2002, è stata immessa nei ruoli del MAE ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, con l’attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile a copertura del trattamento economico più elevato percepito presso l’Amministrazione di provenienza. In primo grado ha contestato la ritenuta riassorbibilità dell’assegno ad personam e il mancato computo in esso della retribuzione personale docenti.

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