Pubblico impiego: accordo raggiunto tra Aran e sindacati

E’ stato firmato ieri tra Aran e sindacati l’accordo che riduce i comparti del pubblico impiego a quattro: “Funzioni centrali, Funzioni locali, Sanità e Istruzione e ricerca”. Dalla griglia dei quattro comparti indicata dall’Aran rimane esclusa la presidenza del Consiglio, che con i suoi 1.900 dipendenti e 300 dirigenti continuerebbe a rimanere isolata in un comparto a sé perché nessuno dei decreti attuativi della riforma Brunetta ne prevede l’inclusione nel meccanismo generale.

La riduzione dei comparti determina anche la riduzione delle aree dirigenziali, sempre a quattro.

In sostanza, all’interno dei comparti, ognuno avrà il suo contratto, a una parte “comune” potranno essere affiancate parti “speciali”. Quanto alla rappresentatività sindacale all’interno dei nuovi comparti è prevista una fase transitoria, che fa salve le ultime elezioni delle Rsu (per essere «rappresentativi» bisognerà raggiungere almeno il 5% nella media di voti e deleghe). Per alcune sigle sindacali più piccole, ciò può determinare il rischio di scomparire. Per questo nell’accordo è stata stabilita la possibilità di alleanza, fusioni, con altri sindacati, e chiede alle sigle sindacali di deciderle in 30 giorni e ratificarle entro i successivi 120.

E’ stato confermato il principio per il quale la fusione di comparti oggi divisi non produrrà subito regole uguali per tutti, perché i contratti nazionali potranno essere divisi in «parti comuni», sulle regole di base come ferie, malattie e permessi, e «parti speciali» per regolare gli aspetti «peculiari» del rapporto di lavoro: una strada obbligata per non scontrarsi con l’unificazione impossibile di realtà diverse fra loro, caratterizzate da livelli stipendiali molto differenziati. Superato questo scoglio ci sarà da parlare del rinnovo dei contratti. La legge di Stabilità per il 2016 destina a questo capitolo 300 milioni, una cifra considerata sin dall’inizio insufficiente per i sindacati, che ora concentrano le loro attenzioni sul nuovo Def e sulla prossima finanziaria. I contratti nel pubblico impiego sono bloccati dai sei anni, uno stop non più legittimo secondo la Corte Costituzionale che a riguardo si è pronunciata con una sentenza nel luglio del 2015.

 

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