Province, secondo la Cgil da giugno a rischio stipendi. Bressa: no allarmi

Fonte: Il Sole 24 Ore

«C’è il forte rischio che da giugno i dipendenti delle province non prendano più lo stipendio, visti i tagli della legge di Stabilità e i ritardi, lo stallo, nel ricollocare gli esuberi derivanti dalla legge Delrio». A lanciare l’allarme è il responsabile Settori Pubblici della Cgil, Michele Gentile.

Province, allarme Cgil: da giugno a rischio stipendi
Il pericolo per il sindacalista quindi è che da metà anno, o meglio dal prossimo mese, «in molte province non ci saranno più i soldi per pagare i dipendenti pubblici e nel frattempo non si è provveduto a ricollocare gli esuberi» derivanti dal superamento previsto dalla riforma Delrio. «Un’operazione – aggiunge – che doveva partire a inizio anno e che è invece bloccata». Gentile punta il dito contro «l’inerzia del governo, le lentezze delle regioni e i tagli della legge di stabilità 2015». Il responsabile Settori Pubblici di Corso d’Italia elenca tutti i tasselli che ancora mancherebbero: «Non sono uscite le tabelle di equiparazione», strumento base per effettuare i trasferimenti dei dipendenti pubblici, «non c’è il decreto sui criteri di mobilità, se le leggi regionali sono state varate non lo sono ancora tutti i procedimenti attuativi, restano i nodi sui centri per l’impiego e la polizia provinciale». Tutto ciò, spiega, «mentre si fanno sentire gli effetti dei tagli sulle risorse destinate alle Province. Effetti spaventosi». Il sindacalista della Cgil riepiloga così la sforbiciata: «un miliardo per il 2015, due miliardi per il 2016 e tre miliardi per il 2017».

Il sottosegretario Bressa: errore allarme, dipendenti garantiti
«Lanciare allarmi come fa la Cgil non solo è sbagliato ma è anche irresponsabile soprattutto nei confronti dei dipendenti, che sono e saranno garantiti nei loro diritti». Lo sostiene Gianclaudio Bressa, sottosegretario di Stato agli Affari regionali. «Non c’è nessuna inerzia da parte del governo», assicura Bressa. «La legge Delrio si sta attuando. I provvedimenti previsti dalla legge di stabilità stanno trovando applicazione. Le Regioni stanno facendo la loro parte. Si sta realizzando la più grande riforma della pubblica amministrazione della storia della Repubblica». Si tratta, sottolinea, di «un processo complesso che ha bisogno di tempo»

Via libera decreto per mobilità statali
Due giorni fa è arrivato il via libera della Conferenza unificata al decreto che sblocca la mobilità nel pubblico impiego, stabilendo tutte le connessioni tra stipendio e inquadramento nei trasferimenti più impegnativi, quelli che implicano il passaggio da un comparto amministrativo a un altro: da un ministero a un ospedale, da una scuola a un comune, da una provincia a un ente di ricerca. Trasferimenti che quindi determinano non un semplice cambiamento di piano magari all’interno dello stesso ufficio, ma in sostanza un nuovo lavoro anche in una sede fisicamente distante da quella originaria, fino a un massimo di 50 chilometri in caso di mobilità obbligatoria, ovvero comandata. «Tutti i passaggi sono stati completati» ha spiegato il ministro della Pa, Marianna Madia, dopo il disco verde della Conferenza Unificata al decreto che contiene le cosiddette tabelle di equiparazione, strumento base per far scattare i trasferimenti. E ha aggiunto: «Valuteremo le condizioni poste dal parere della Conferenza, così come le osservazioni dei sindacati, dopo di che adotteremo« il provvedimento.

Arrivano prime liste lavoratori province in mobilità
Sono poi arrivati i primi dati sui dipendenti delle province da mandare in mobilità, ovvero da trasferire in altre amministrazioni. Dal monitoraggio condotto dal ministero della Pa emerge infatti come la provincia di Avellino (Campania) e quella di Savona (Liguria) abbiano partecipato alla rilevazione finalizzata a individuare il personale da ricollocare. In tutto gli enti che devono dare i dati e stilare delle liste sui lavoratori da spostare sono 86. Dal 24 aprile è infatti aperto un portale web dedicato proprio alla mappatura del personale in eccedenza, visto il superamento del livello provinciale stabilito nella riforma Delrio. Eppure, stando alla Legge di Stabilità, il tempo entro cui dovevano arrivare tutte le liste con il personale da riassorbire è già scaduto (era fine marzo).

Circa 20mila addetti da trasferire
L’obiettivo è arrivare a incrociare i dati del personale destinato alla mobilità con quelli sui posti vacanti nelle altre amministrazioni, così da poter procedere alla ricollocazione. Un’operazioni di proporzioni non trascurabili, basti pensare che si parla di circa 20 mila lavoratori da trasferire da un ufficio a un altro (oltre al personale delle Province c’è anche quello della Croce Rossa). Tuttavia i numeri ‘veri’ si avranno solo quando tutti gli elenchi saranno usciti. Quindi intanto va avanti anche la mappatura delle posizioni libere, fabbisogni e capacità assunzionali, ma anche qui i ritardi non mancano: hanno partecipato alla rilevazione il 49,1% delle amministrazioni, meno della metà.

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