Licenziamento disciplinare, non basta la previsione contrattuale

Fonte: Consulenti del Lavoro

Le inadempienze del lavoratore, ancorché previste dal contratto collettivo di riferimento, non impediscono al giudice di valutare, caso per caso, la reale gravità delle stesse e le circostanze nelle quali si sono verificate.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.18124/16, ha stabilito che la tipizzazione delle condotte che costituiscono un inadempimento contrattuale tale da portare al licenziamento, non sono sufficienti ad esaurire l’indagine. Compito del giudice, infatti, è quello di valutare l’addebito disciplinare nel contesto specifico in cui si colloca la prestazione lavorativa.

Nel caso specifico la Corte era stata chiamata a decidere su un licenziamento disciplinare intimato ad una lavoratrice del settore commercio per un ammanco di cassa, pari a quasi la metà dell’incasso giornaliero del punto vendita. La lavoratrice, alla quale era stato affidato il costante maneggio di denaro, secondo il datore di lavoro, aveva leso in maniera irrimediabile la sua fiducia nell’esattezza dei futuri adempimenti, anche perché non era stata in grado di fornire la minima spiegazione dell’accaduto.

Il ricorso della lavoratrice verteva sul fatto che la Corte d’appello, nel valutare la gravità della condotta e la proporzionalità della sanzione, aveva trascurato di esaminare il fatto oggetto di contestazione disciplinare. Questo a prescindere dal fatto il comportamento fosse previsto e disciplinato dalla contrattazione collettiva come giusta causa o giustificato motivo di recesso.

A tale proposito, la Cassazione ha affermato che è consolidato l’orientamento per il quale, in tema di accertamento della giusta causa di recesso, la valutazione di gravità della condotta del lavoratore, tale da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto, deve essere effettuata in relazione a specifici elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie concreta, quali il carattere doloso o colposo dell’infrazione, le circostanze di luogo e di tempo e le probabilità di reiterazione dell’illecito da parte del lavoratore.

I principi esaminati sono stati i seguenti: mancanza di precedenti disciplinari a carico del lavoratore, ampio grado di collaborazione alle indagini e mancanza di un’analisi del contesto di regolazione interna dell’attività. La causa, pertanto, è stata rinviata alla corte territoriale per un nuovo esame, al fine di analizzarne tutti gli aspetti.

 

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