Le progressioni economiche

di C. Dell’Erba (www.ilpersonale.it 27/4/2015)

In molte amministrazioni locali e regionali le organizzazioni sindacali ed i dipendenti hanno cominciato un pressing perché siano previste progressioni economiche per il personale. In tal modo si tende a dare una risposta al blocco, che ormai permane da 6 anni, della contrattazione collettiva nel pubblico impiego ed alla conseguente perdita di potere d’acquisto dei salari. Le progressioni economiche sono particolarmente gradite ai dipendenti perché determinano un aumento permanente e pensionabile del trattamento economico.
La pressione nasce a seguito del fatto che dal 31 dicembre 2014 ha cessato di produrre i suoi effetti la clausola introdotta dal comma 21 dell’articolo 9 del d.l. n. 78/2010. Ricordiamo che tale disposizione ha previsto, con le proroghe intervenute, che nel quadriennio 2011/2014 le nuove progressioni economiche producevano effetti solamente giuridici e non anche economici. Da aggiungere effetti giuridici alquanto misteriosi, perché l’unico era la decorrenza del biennio previsto dalla contrattazione nazionale per la maturazione del requisito per potere concorrere ad una progressione economica. A fronte di questo effetto, per la Ragioneria Generale dello Stato le risorse per finanziare gli oneri di queste progressioni andavano da subito decurtati dal fondo, con il risultato che su di esso si produceva un effetto di taglio in termini sostanziali. Il che ha determinato che nel corso di tale arco temporale il numero delle progressioni orizzontali sia fortemente diminuito.

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