Indennità di disagio ben può compensare i maggiori compiti attribuiti al dipendente pubblico

Approfondimento di V. Giannotti

La Corte di Cassazione affronta la problematica relativa all’attribuzione al dipendente pubblico di nuove responsabilità e, se sia legittima l’attribuzione di compensi ulteriori. Il caso nasce dalla richiesta di un dipendente comunale, cui l’amministrazione ne aveva ampliato le funzioni precedentemente attribuite, che aveva reclamato “una giusta retribuzione” ai sensi dell’art.36 della Carta Costituzionale. Nel caso specifico, un dipendente con il profilo professionale di economo, dell’ufficio speciale condono edilizio (profilo professionale di istruttore di categoria C1), aveva visto ampliate le proprie funzioni per lo svolgimento dell’incarico aggiuntivo di agente contabile riscuotitore speciale. Tale ultime funzioni addizionali, pur essendo svolte all’interno del proprio orario di lavoro, consistevano in compiti di incasso di rilevanti entrate derivanti dalla cessione in proprietà o dal conguaglio sul diritto di superficie, mentre le precedenti funzioni non prevedevano nessuna movimentazione di denaro. Si lamentava il dipendente, evidenziando come l’ indennità maneggio valori corrisposta all’economo si riferiva ad attività propria di quest’ultimo e non era volta a compensare la prestazione, diversa ed ulteriore, di competenza di altro ufficio che fino a quel momento aveva svolto le relative funzioni. In particolare, prima delle funzioni ulteriori e diverse attribuite al dipendente, le stesse erano svolte da società, a cui il Comune aveva appaltato lo svolgimento delle procedure per la cessione in proprietà delle aree comprese nei piani di zona.
Il Tribunale di prime cure e, successivamente, la Corte di Appello avevano respinto il ricorso del dipendente evidenziando come non vi fosse stata alcuna diversità qualitativa, fra i compiti propri dell’Economo dell’ufficio e quelli dell’Agente Riscuotitore, precisando, inoltre, come tali nuove funzioni non avessero mutato la natura delle mansioni attribuite al dipendente, né la sua professionalità, risultando contrattualmente esigibile dall’amministrazione, concludendo come la sola entità delle somme incassate non giustificassero una retribuzione ulteriore.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 27/01/2017 n.2145 decide sul ricorso del dipendente, il quale insiste, nei motivi di impugnazione, sulla non corretta valutazione operata dalla Corte territoriale sul concetto di “giusta retribuzione”, non avendo minimamente tenuto conto dell’ingente movimentazione di denaro, tanto che successivamente l’amministrazione decise di attribuire la competenza al tesoriere.

Le indicazioni della sentenza della Suprema Corte

I giudici di Palazzo Cavour precisano i seguenti presupposti affinché al dipendente pubblico possano essere riconosciuti ulteriori importi, al fine del concetto di “giusta retribuzione” da lui reclamata…

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