Gare d’appalto obbligatorie per le consulenze

Fonte: Il Sole 24 Ore

Un’amministrazione pubblica è tenuta procedere a gare d’appalto anche nei casi di contratti di consulenza conclusi con un’altra amministrazione aggiudicatrice che non persegue fini di lucro.
Poco importa, poi, che la remunerazione prevista nel contratto sia limitata al rimborso spese.
È la conclusione raggiunta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza depositata ieri (causa C-159/11) che chiarisce l’applicazione della normativa Ue in materia di appalti.
È stato il Consiglio di Stato a sottoporre alla Corte di giustizia un quesito pregiudiziale sulla direttiva 2004/18 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (recepita in Italia con decreto legislativo 12 aprile 2006 n.
163).
Ai giudici amministrativi si erano rivolti associazioni e ordini professionali di ingegneri e architetti che contestavano la legittimità del provvedimento di attribuzione, da parte dell’Azienda sanitaria locale di Lecce, di uno studio sulla vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere all’Università del Salento senza gara a evidenza pubblica.
Il contratto prevedeva una remunerazione limitata al rimborso spese.
Una circostanza che – secondo la Asl – consentiva di escludere la necessità di una gara e di sottrarre il contratto al perimetro della normativa Ue.
Una conclusione non condivisa dalla Corte di giustizia.
Prima di tutto, precisa Lussemburgo, la direttiva 2004/18 non prevede un’esclusione delle gare di appalto nei casi in cui la remunerazione è basata sul rimborso delle spese.
Non solo.
Le eccezioni all’applicazione delle normativa Ue in materia di appalti pubblici sono limitate e riguardano unicamente il caso di un contratto di appalto stipulato da un ente pubblico a vantaggio di un altro ente pubblico sul quale il primo esercita un controllo.
Una situazione che non ricorre nel caso dei rapporti tra azienda sanitaria e Università.
Né è applicabile l’altra eccezione stabilita nella direttiva fondata sulla circostanza che il contratto concluso dai due enti pubblici serva «a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune».
Le attività commissionate, infatti, avevano sì un fondamento scientifico ma «non assomigliavano ad attività di ricerca scientifica».
C’è poi un ulteriore elemento che ha fattto sorgere perplessità alla Corte di giustizia.
Il contratto di consulenza, infatti, prevedeva la possibilità per l’Università di ricorrere a prestatori di servizi privati per lo svolgimento di alcune attività.
Questa possibilità – chiarisce la Corte – può condurre a favorire alcune imprese private con il ricorso a collaboratori esterni qualificati.
Di qui la necessità di una gara per evitare che un prestatore privato sia poi in una situazione privilegiata rispetto ai concorrenti.

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