Concorsi pubblici: la più recente giurisprudenza (Parte I)

Approfondimento di Carlo Dell'Erba

L’equipollenza dei titoli di studio deve essere prevista da uno specifico provvedimento; l’accesso agli atti dei concorsi per la tutela in giudizio prevale di norma sulla tutela della privacy; il ricorso alla mobilità volontaria prima della indizione di un concorso (salvo che per quelli indetti nel triennio 2019/2021) è obbligatorio; le clausole dei bandi che prevedono la esclusione, anche se si tratta di procedure di stabilizzazione, di dipendenti pubblici sono illegittime e il possesso della laurea breve può essere ritenuto sufficiente per la partecipazione ai concorsi per dirigente. Sono queste le più recenti indicazioni dettate dalla giurisprudenza sui concorsi pubblici.

L’equipollenza

La equipollenza dei titoli di studio deve essere prevista da uno specifico provvedimento. È quanto ricorda la sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato n. 5460/2020, che richiama le sentenze rese dalla quinta sezione n. 5924/2019 e n. 6260/2012, nonché dalla sesta sezione n. 2494/2010. Leggiamo che “per comune e consolidato intendimento, ove il bando richieda per la partecipazione ad una procedura evidenziale (concorso pubblico o procedura di gara) il possesso di un determinato titolo di studio o di uno ad esso equipollente, la determinazione dello stesso deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’amministrazione.

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