Trasparenza – L’obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali nelle aziende ed enti del S.S.N.

Approfondimento di S. Simonetti

La materia della prevenzione della corruzione è ormai diventata una delle più complesse e invasive nello scenario della amministrazione pubblica italiana. Dall’ottobre del 2012, cioè da quando venne promulgata la legge 190, abbiamo avuto una ipertrofia normativa di decreti delegati, decreti del Presidente della Repubblica e del Consiglio dei Ministri, decreti ministeriali, linee guida, circolari, pareri. L’ANAC, da parte sua, ha ormai strutturato la propria organizzazione e funzioni solo sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza, lasciando al Dipartimento della Funzione pubblica la competenza sulla valutazione della performance e i rapporti con gli OIV (vedi in proposito il DPR 105/2016).
In particolare nel 2016 il decreto legislativo 97/2016 ha apportato numerose e pesanti modifiche sia al d.lgs. 33/2013 che alla stessa legge 190/2012.

Con il nuovo anno si aggiunge una ulteriore questione che non mancherà di scatenare polemiche.
Si tratta di uno degli aspetti rientranti nel generale quadro normativo sulla trasparenza, probabilmente il più delicato ed invasivo: la pubblicazione obbligatoria di una serie di dati riguardanti la dirigenza. La fonte normativa che disciplina l’obbligo era l’art. 15 del d.lgs. 33/2013 (uno dei decreti delegati della legge anticorruzione) con le peculiarità previste per la Sanità dall’art. 41. L’art. 14 riguardava invece i soli organi di indirizzo politico. Già al momento della sua entrata in vigore non mancarono le polemiche circa l’invasività dei dati da pubblicare. In particolare, quelli relativi alla dirigenza (art. 15) furono segnalati nel parere sullo schema di decreto rilasciato dal Garante della Privacy unitamente a ben altri 11 punti di criticità del decreto. Tra l’altro uno degli adempimenti dovuti – sicuramente non conosciuto da tutti – riguarda i compensi derivanti dalla libera professione intramuraria la cui pubblicazione è obbligatoria fin dall’aprile 2013 ma, navigando sui siti aziendali, è agevole constatare quanto tale obbligo sia eluso.
Successivamente sono arrivate, come già detto, le modifiche ed integrazioni apportate dal decreto legislativo 97/2016 per adeguare il nostro ordinamento al FOIA e fortemente volute da Cantone stesso. Ebbene, la novità più rilevante consiste nell’estensione degli obblighi di cui all’art. 14 anche ai “titolari di incarichi dirigenziali” (art. 13 del d.lgs. 97/2016).
I problemi non riguardano certamente l’atto di nomina, il curriculum, i compensi percepiti o le altre cariche ed incarichi ricoperti – cioè le lettere da a) a e) dell’art. 14 – ma quanto prescritto nella lettera f) e cioè le dichiarazioni patrimoniali già richieste dal 1982 ai parlamentari. E non si tratta di cose da poco, visto che concernono i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di partecipazione a società nonché copia dell’ultima dichiarazione dei redditi soggetti ad IRPEF. Come se non bastasse le dichiarazioni devono essere congiuntamente fatte anche dal coniuge, da genitori, nonni e nipoti. E’ vero che per i familiari la pubblicazione avviene solo previo consenso ma è facile intuire quanto possa essere imbarazzante per l’immagine di un amministratore o di un dirigente trovare sul sito istituzionale il mancato formale consenso di un suo familiare. Occorre precisare che l’art. 15 del decreto 33 specifica “fermi restando gli obblighi di comunicazione di cui ….. “; ciò significa che i dati patrimoniali non devono essere prodotti da adesso bensì fin dal maggio 1997 in virtù di una delle leggi Bassanini. Ma in passato l’obbligo concerneva la “comunicazione” interna alla propria amministrazione mentre ora l’obbligo riguarda la pubblicazione sul sito web aziendale e, come è facile intuire, la rilevanza è completamente diversa.

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