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Dichiarare il falso per accedere ad un pubblico concorso non sempre comporto l’esclusione dalle prove
L’analisi del nostro esperto con il supporto della recente giurisprudenza

La disciplina sul pubblico impiego scolpita nell’art. 2 del d.P.R. n. 487/1994 prevede che non possono accedere al pubblico impiego coloro che sono stati dichiarati decaduti da un impiego statale, ai sensi dell’art. 127, primo comma, lett. d) del d.P.R. n. 3 del 1957. La norma da ultimo citata prevede quale causa di decadenza e, quindi, di esclusione dalle procedure selettive pubbliche, il fatto che l’impiego pubblico sia stato conseguito mediante la produzione di documenti falsi o non validi.

L’omissione di dichiarazioni

Un’azienda sanitaria aveva escluso un medico dalla prova orale finalizzata alla scelta di alcuni dirigenti medici per l’adeguamento della rete dell’emergenza per il Giubileo straordinario 2015, da assumere a tempo determinato per la durata di 12 mesi.
L’interessato era stato escluso dalla predetta procedura per non avere dichiarato la sussistenza di una sanzione disciplinare e per il fatto di essere stato licenziato per giusta causa da un pubblico impiego.
Avverso il richiamato provvedimento aveva ricorso davanti al TAR, affermando, per la parte che qui interessa, che:
– la causa del licenziamento subito dal precedente impiego era consistita nel fatto di aver esercitato, al di fuori dell’orario di lavoro, la professione medica senza comunicare tale circostanza alla propria ASL di riferimento;
– nell’avviso pubblico relativo alla procedura   concorsuale, una tale ipotesi di esclusione non era contemplata in quanto venivano riportati i motivi di esclusione previsti dal citato art. 2 del d.P.R. n. 487 del 1994, ovvero non aver conseguito l’impiego pubblico presso una pubblica amministrazione mediante la produzione di documenti falsi.

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