Sistema antinfortunistico: il nuovo modello collaborativo – Il Commento di G. Crepaldi

di G. Crepaldi

C’è qualcosa di nuovo (o forse no) in tema di ripartizione delle responsabilità per infortunio occorso al lavoratore. Il sistema si è incentrato su una quasi esclusiva responsabilità del datore di lavoro, affermandosi che quest’ultimo, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile.
In tale ambito ricostruttivo, si è recentemente considerato che il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore; con la precisazione che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto, passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello “collaborativo”, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori. In questo senso si richiamano le pronunce della Corte di Cassazione, sez. IV pen., 10 febbraio 2016 n. 8883 e Corte di Cassazione, sez. IV pen., 10 giugno 2016 n. 24139).

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