Sindaci e governatori i «futuri» senatori

Fonte: Il Sole 24 Ore

Addio al bicameralismo perfetto. Sostituzione del Senato con un’Assemblea delle autonomie composta in parti (quasi) uguali da sindaci e rappresentanti delle Regioni. Abolizione delle Province. Eliminazione delle materie concorrenti. Freno ai costi della politica regionale. Sarebbero questi i pilastri del disegno di legge costituzionale che la maggioranza sta mettendo a punto su input di Matteo Renzi per farla viaggiare di pari passo all’approvazione della legge elettorale. A indicare la rotta è stato ieri il premier. Entro 15 giorni ha dichiarato il presidente del Consiglio all’assemblea del Pd dedicata alle riforme costituzionali «sarà formalizzato un atto parlamentare su Senato e Titolo V». Preannunciando che su questi temi nei prossimi giorni ci sarà una direzione ad hoc del suo partito. E probabilmente anche un confronto con tutti i gruppi politici. In primis sul titolo V. In una bozza che è stata messa a punto ieri in ambienti parlamentari vengono riprese quasi integralmente le soluzioni del disegno di legge elaborato dal professor Luca Antonini per il ministro uscente alle Riforme, Gaetano Quagliariello (su cui si veda Il Sole 24 Ore del 6 febbraio). Come l’eliminazione delle materie concorrenti, che tanto contenzioso costituzionale hanno generato dal 2001 a oggi, e il conseguente ritorno sotto l’ombrello statale di una serie di funzioni: professioni, produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia; grandi reti di trasporto e di navigazione. Rispetto al testo messo a punto per Quagliariello mancherebbero però alcune misure che invece potrebbero fornire una grossa mano nel tentativo di mettere sotto contro la spesa pubblica delle autonomie, ad esempio attraverso la costituzionalizzazione dei costi e fabbisogni standard e il taglio delle società partecipate. Passando agli altri punti fermi della riforma che sembrano ormai definiti spicca poi l’eliminazione delle Province dagli articoli 114 e seguenti della Costituzione. E, nel frattempo, comincia a delinearsi anche il futuro del Senato. Che lascerà il posto a un’Assemblea delle autonomie eletta a suffragio non universale e caratterizzata da una presenza quasi paritaria di sindaci e rappresentanti regionali. Secondo la bozza, infatti, ne farebbero parte i presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, due membri scelti dai singoli Consigli regionali tra i propri componenti e tre primi cittadini eletti da una assemblea dei sindaci. Per un totale di 121 membri a cui se ne aggiungerebbero altri 21 nominati ogni sette anni dal capo dello Stato. Contemporaneamente verrebbe messa una pietra sopra al bicameralismo perfetto. Tranne che per le modifiche alla Costituzione, la potestà legislativa apparterrebbe alla sola Camera dei deputati. Che sarebbe anche l’unico ramo del Parlamento a dare la fiducia al governo. Di conseguenza, Palazzo Madama potrebbe solo esprimere un parere entro 30 giorni sulle leggi approvate a Montecitorio. Sul fronte del taglio ai costi della politica potrebbero fare ingresso in Costituzione due parole d’ordine di Renzi. Da un lato, il principio che un governatore o un consigliere regionale non potrà guadagnare più di un sindaco; dall’altro, il divieto di corrispondere contributi ai gruppi politici dei consigli regionali. Così da scongiurare il rischio che vengano utilizzati per fini tutt’altro che istituzionali come documentato dalle inchieste giudiziarie ancora in corso lungo lo Stivale. RIPRODUZIONE RISERVATAI PILASTRI DELLA RIFORMA Titolo V Prevista l’eliminazione delle materie concorrenti, che tanto contenzioso costituzionale hanno generato, e il ritorno allo Stato di varie funzioni: professioni, produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia, grandi reti di trasporto e di navigazione Assemblea delle autonomie Prenderebbe il posto del Senato e comporterebbe il superamento del bicameralismo perfetto. Ne farebbero parte i presidenti di Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, due membri scelti dai singoli Consigli regionali e tre primi cittadini eletti da una assemblea dei sindaci

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