È scoppiata la guerra dei buoni pasto

Fonte: La Stampa

Che aria si respira nel mondo del lavoro? E verso chi si orienta la speranza dei lavoratori italiani?
L’indice di fiducia dei dipendenti da aprile a settembreè calato in Italia di oltre il 5%, passando dal 37% al 31,6%.
Se questo è l’indice medio (secondo il rapporto realizzato semestralmente da Gi Group-Od&M su un campione di 3.700 dipendenti), ad essere sfiduciate sono soprattutto le istituzioni. Il loro indice tocca il fondo (17 punti), ma scarsa fiducia gli italiani nutrono nei confronti della propria situazione personale (25,6%) e verso la situazione del mercato del lavoro (37,6%), mentre pur registrando un calo mantiene il primato la fiducia nelle imprese (scesa dal 52 al 46%). Il confronto tra l’indice italiano e quello tedesco (un campione di mille lavoratori dipendenti monitorato in collaborazione con l’Istituto Marktforschung di Lipsia) rivela che il derby della fiducia è stravinto dalla Germania. L’indice generale segna 50 punti (contro il nostro 31,6%). A registrare la massima fiducia dei tedeschi è la situazione del mercato del lavoro (59,9%), seguita dalle imprese (57%). Addirittura in crescita la situazione personale (dal 43 al 44%) e quella delle istituzioni (da 38 a 39,4%).
Di fatto è una guerra all’ultimo ticket, che ha come obiettivo la conquista del «popolo del mezzogiorno».
Si tratta di oltre 2,5 milioni di lavoratori che non vanno a casa e non hanno mensa, che soddisfano la fame con i buoni pasto erogati dalle imprese.

Chi sono
Oggi oltre il 40% dei lavoratori che pranzano fuori casa usufruiscono del buono pasto come strumento di pagamento: le statistiche ufficiali parlano di 2,5 milioni di lavoratori tra privati (1,7 milioni) e pubblico (700 mila). Gli esercizi convenzionati sono oltre 120 mila, in maggioranza piccoli. Un giro d’affari da oltre 2,5 miliardi, come confermano le statistiche dell’Anseb, l’associazione delle società emettitrici di buoni pasto, con un mercato di 3-4 milioni di persone.

I colossi dell’intervallo
I soci Anseb sono Edenred, Buon chef, Sodexo, Ristomat, Day e Cir food. In posizione dominante Edenred (44%), di matrice francese (ex Accor group, nota per i Ticket restaurant), seguita da Qui! Ticket service, primo gruppo italiano (16%), dalle francesi Day (15%) e Sodexo (9,5%). Con percentuali che vanno dal 5 al 2% si trovano Pellegrini card, Ristomat e Lunch time, Repas lunch coupon e Cir.

I fronti di lotta
Queste società (non è un caso se tra i primi quattro ve ne sono tre che vengono dalla Francia, dove la formula nasce negli anni‘70) hanno subìto nel giro di sei mesi due scossoni. Il primo a maggio per la rivolta dei piccoli esercenti, negozi convenzionati, bar, pizzerie, esercizi pubblici, con la minaccia dello sciopero dei ticket, schiacciati dalle guerre tra le società, che riducono i margini di guadagno e la qualità. Il secondo a metà ottobre provocato dal Governo, con l’annuncio dell’abolizione dei buoni pasto per i dipendenti pubblici, durato meno di 24 ore, ma che qualcuno non esclude di vedere riapparire in futuro.
Ora i soci dell’Anseb hanno presentato ricorso sia al Presidente della Repubblica che all’Autorità di vigilanza per i contratti pubblici, per contestare le gare al massimo ribasso.

I benefici
Se in Italia la geografia della pausa pranzo riflette abitudini e sociologie locali (vanno a casa a mangiare più a Sud che a Nord; a Nordovest un lavoratore su quattro ha un buono pasto), non mancano i vantaggi per i dipendenti, che con i loro buoni da 5,16 euro si pagano il pasto. Un circuito virtuoso tra emettitori di buoni, datori di lavoro che li acquistano, esercizi convenzionati e lavoratori che li consumano. Se non fosse che alcune abitudini e qualche abuso ne minacciano l’efficacia. A
turbare il mercato e la qualità è un commercio di buoni pasto, che vengono usati per acquisti diversi, proibiti dalla legge.

Il commento
«Abbiamo messo in circolazione
dei carnet digitali – spiega Graziella Gavezotti, numero uno di Edenred in Italia – che permettono la più ampia tracciabilità. I nostri nemici sono coloro che fanno disperate politiche di dumping al massimo ribasso. Il mercato ha invece ancora grandi potenzialità, soprattutto se inserito nelle nuove politiche di welfare e di benessere per il personale, che le imprese più sensibili stanno adottando».

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