Ricorso a volontari singoli da parte dei comuni

Il servizio di consulenza della Regione Friuli Venezia Giulia risponde alla domanda posta da un Comune, che rappresenta di aver adottato un regolamento volto a disciplinare le forme di collaborazione gratuita rese da singoli cittadini (‘volontari civici’) nell’ambito di una serie di attività di competenza comunale.
Il regolamento prevede che l’Ente fornisca ai volontari l’eventuale equipaggiamento necessario allo svolgimento delle attività e garantisca la copertura assicurativa degli stessi, limitatamente ai periodi di svolgimento delle funzioni.
Poiché la Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Toscana[1], esclude che le pubbliche amministrazioni possano giovarsi di attività rese da volontari ‘a titolo individuale’, il Comune chiede di conoscere se possa comunque ritenersi compatibile con il quadro legislativo, anche regionale, un regolamento che non preveda l’appartenenza del volontario ad una specifica organizzazione, per lo svolgimento di attività a favore della comunità locale.

Considerazione del servizio di consulenza della Regione Friuli Venezia Giulia

Sentito il Servizio volontariato e lingue minoritarie della Direzione centrale cultura, sport e solidarietà si formulano le considerazioni che seguono.

Circa la possibilità, per i comuni, di ricorrere all’attività prestata da volontari singoli, questo Ufficio si è già espresso in alcune circostanze, evidenziando come la normativa di settore, all’epoca costituita dalla legge 11 agosto 1991, n. 266[2] e dalla legge regionale 20 febbraio 1995, n. 12[3], contemplasse, quali interlocutori dell’ente pubblico, unicamente organismi associativi, in quanto soggetti dotati di un’apposita struttura organizzativa atta a garantire attitudine e capacità operativa, nonché continuità e verificabilità delle prestazioni e della loro qualità[4].

In una più recente occasione[5], successiva all’entrata in vigore della nuova disciplina recata dalla legge regionale 9 novembre 2012, n. 23[6], si è osservato che questa ha «ulteriormente rafforzato un percorso al cui interno i volontari sono inseriti in realtà associative» e si è rilevato che «L’inserimento in un gruppo di volontariato – per i benefici che ciò apporta in termini di organizzazione, responsabilizzazione e gestione delle attività – sembra, pertanto, essere considerato quale elemento qualificante dal legislatore sia statale sia regionale».

Tant’è che la L.R. 23/2012 «in attuazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale, disciplina i rapporti delle istituzioni pubbliche con le organizzazioni di volontariato […] al fine di sostenere e promuovere la loro attività e di favorire il loro coordinamento» (art. 1, comma 1) e «in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118, quarto comma della Costituzione, nell’ambito delle finalità e dei principi di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge – quadro sul volontariato)[7], e degli strumenti di programmazione regionale e locale, disciplina e promuove le attività delle organizzazioni di volontariato salvaguardandone l’autonomia e il pluralismo» (art. 3, comma 1).

Conformemente ai princìpi contenuti nella legge-quadro statale allora vigente[8], la L.R. 23/2012 dispone che «L’attività di volontariato è svolta, nel territorio regionale, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte» (art. 4, comma 1) e che «In attuazione del principio di sussidiarietà e per promuovere forme di amministrazione condivisa, le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro da almeno sei mesi possono stipulare convenzioni con la Regione, gli enti e aziende il cui ordinamento è disciplinato dalla Regione e gli enti locali» per lo svolgimento di una serie di attività (art. 14, comma 1)[9].

Nel parere citato dall’Ente, la Corte dei conti, dovendo stabilire se sia legittima l’assunzione, da parte di un comune, degli oneri relativi alla stipula di polizze assicurative dirette a fornire copertura dai rischi di infortunio, malattia e responsabilità civile verso terzi per cittadini che intendono prestare servizio volontario a titolo individuale, fornisce risposta negativa.[10]

La Corte osserva, infatti, che la L. 266/1991 delinea un sistema che, «disciplinando compiutamente i vari aspetti dell’esplicarsi delle attività di volontariato, non ammette soluzioni organizzative e/o operative differenti né esibisce lacune normative che siano bisognevoli di essere in qualche modo colmate attraverso un’attività analogico-interpretativa», rilevando che da tale sistema «si evince chiaramente che:
(a) l’attività di volontariato è svolta solo nell’ambito di apposite organizzazioni, aventi determinate caratteristiche strutturali e funzionali;
(b) le pp.aa. possono avvalersi di volontari solo ed esclusivamente nel quadro di specifiche convenzioni stipulate con le relative organizzazioni, rectius con quelle tra di esse che, essendo in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge, siano iscritte in specifici registri regionali».

Pertanto, secondo la Corte, deve «ritenersi escluso in radice un autonomo ricorso delle pp.aa. a prestazioni da parte di volontari ‘a titolo individuale’, perché la necessaria ‘interposizione’ dell’organizzazione di volontariato iscritta nei ridetti registri regionali, ben lungi da inutili e barocchi formalismi, vale – a salvaguardia di interessi che sono di ‘ordine pubblico’ e che come tali non ammettono deroghe od eccezioni di sorta – ad assicurare, da un lato, che lo svolgimento dell’attività dei volontari si mantenga nei rigorosi limiti della spontaneità, dell’assenza anche indiretta di fini di lucro, della esclusiva finalità solidaristica, dell’assoluta e completa gratuità; e, dall’altro, che resti ferma e aliena da ogni possibile commistione la rigida distinzione tra attività di volontariato e attività ‘altre’»[11].

La Corte rileva che la predetta conclusione trova conferma nella rigida distinzione tra il soggetto tenuto a stipulare il contratto di assicurazione, «che è e deve sempre essere l’organizzazione di volontariato»[12], ed il soggetto sul quale, nel caso di convenzione, deve gravare il peso economico della copertura[13].

Quanto fin qui rilevato sembra potersi ribadire nella vigenza del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 che, procedendo al riordino e alla revisione organica della disciplina in materia di enti del Terzo settore abroga, tra gli altri, la L. 266/1991[14].

Occorre, peraltro, segnalare che l’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 117/2017 afferma che i cittadini concorrono, ‘anche’ in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale e che l’art. 17, comma 2, sancisce che il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, ‘anche’ per il tramite di un ente del Terzo settore: di conseguenza, sembra che la qualifica di ‘volontario’ possa essere rivestita anche dal cittadino singolarmente considerato.

Tuttavia, poiché l’art. 56[15], comma 1, del D.Lgs. 117/2017 prevede che le pubbliche amministrazioni «possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato […] iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale[16], se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato», pare che all’ente pubblico sia consentito instaurare rapporti (e quindi assumere spese connesse a quei rapporti) solo con organismi di tipo associativo, fatte salve eventuali discipline speciali, di rango legislativo[17].

 

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[1] V. deliberazione n. 141/2016/PAR.

[2] «Legge-quadro sul volontariato».

[3] «Disciplina dei rapporti tra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato».

[4] V., in particolare, i pareri 2 ottobre 2008, prot. n. 15255; 30 aprile 2009, prot. n. 6816 e15 dicembre 2011, prot. n. 42682.

In tali sedi, tenuto conto delle disposizioni che, in attuazione del principio di sussidiarietà, riconoscono, promuovono e valorizzano (anche) l’apporto dei singoli cittadini (v., in via generale, l’art. 5, comma 2, della legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1, ai sensi del quale «I Comuni, le Province e la Regione, sulla base del principio di sussidiarietà e per lo svolgimento di attività di interesse generale, riconoscono il ruolo dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, delle formazioni sociali e delle organizzazioni di volontariato e ne favoriscono l’autonoma iniziativa.») e in assenza di pronunciamenti della Corte dei conti al riguardo, si era peraltro affermato che non appariva preclusa la possibilità, per l’ente pubblico, di ricorrere a soggetti che promuovono iniziative o svolgono attività di interesse generale a titolo personale.

[5] Parere 31 maggio 2013, prot. n. 17218.

[6] «Disciplina organica sul volontariato e sulle associazioni di promozione sociale».

[7] Si ricorda, in particolare, che la L. 226/1991:

– ha stabilito «i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti» (art. 1, comma 2);

– ha sancito che per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, «tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte», senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà (art. 2, comma 1);

– ha previsto che le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni «con le organizzazioni di volontariato» iscritte da almeno sei mesi nei registri regionali e che dimostrino attitudine e capacità operativa (art. 7, comma 1), anche al fine di «garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione» (art. 7, comma 2).

[8] Attualmente occorre fare riferimento al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», di cui si dirà in seguito.

[9] Spetta, però, ai soggetti pubblici determinarsi in merito, atteso che essi «rendono nota la volontà di stipulare le convenzioni secondo modalità dagli stessi definite» (art. 14, comma 2).

[10] Sulla medesima questione v. anche Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 192/2015/PAR e, da ultimo, Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per il Piemonte, n. 126/2017/SRCPIE/PAR.

[11] «E, dunque», prosegue la Corte, «ad evitare che da parte delle pp.aa. si dia luogo – anche soltanto praeter intentionem – ad atipiche e surrettizie forme di lavoro precario, peraltro elusive delle regole sul reclutamento e l’utilizzazione del personale (concorso pubblico, contratto di lavoro, rispetto dei cc.cc.nn.ll., tutele e garanzie del lavoratore) e foriere nel tempo financo di precostituire pretese, ancorché infondate, di stabilizzazione di rapporti pregiudizievoli per gli assetti e gli equilibri della finanza pubblica».

[12] L’art. 4, comma 1, della L. 266/1991 stabiliva che «Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.». La previsione è confermata dall’art. 18, comma 1, del D.Lgs. 117/2017, ai sensi del quale «Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.».

A livello regionale la regola si ricava indirettamente dalla previsione dell’art. 9, comma 1, lett. a), della L.R. 23/2012 («La Regione sostiene le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro mediante la concessione di contributi per: a) il rimborso delle spese sostenute per l’assicurazione dei volontari […])».

[13] L’art. 7, comma 3, della L. 266/1991 disponeva che «La copertura assicurativa di cui all’articolo 4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell’ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.». Sostanzialmente identica è la previsione recata dall’art. 18, comma 3, del D.Lgs. 117/2017, secondo il quale «La copertura assicurativa è elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del Terzo settore e le amministrazioni pubbliche, e i relativi oneri sono a carico dell’amministrazione pubblica con la quale viene stipulata la convenzione.».

[14] Tranne poche previsioni, destinate ad essere abrogate in seguito, che non riguardano la questione in trattazione.

[15] Ricadente nell’ambito del Titolo VII, dedicato ai rapporti con gli enti pubblici.

[16] Elencate nell’art. 5 del D.Lgs. 117/2017.

[17] Quale quella concernente i volontari per la sicurezza, di cui all’art. 5 della legge regionale 29 aprile 2009, n. 9.

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