Province, i tagli in naftalina

Fonte: Italia Oggi

Sui tagli alle province il governo prende tempo. I 445 milioni decurtati dal decreto Irpef (dl 66/2014), se applicati, metterebbero a rischio l’erogazione dei servizi ai cittadini (dalla sicurezza delle scuole, alla manutenzione delle strade) a cui gli enti intermedi (trasformati dalla legge Delrio in organismi di secondo livello) saranno comunque tenuti fino a quando non verrà definito il quadro delle competenze che passeranno alle regioni e ai comuni. E allora, nella consapevolezza di aver esagerato con una spending review che in attesa di cancellare le province dalla Costituzione rischia di farle morire di stenti, l’esecutivo Renzi sta correndo ai ripari. Come? Rimandando sine die il decreto che dovrebbe ripartire i tagli. Anche perché il totale dei sacrifici richiesti potrebbe essere alleggerito di un centinaio di milioni di euro. Ma in assenza del decreto non ci sarebbe più nessun obbligo a carico delle province di versare alle casse dello stato l’ammontare dei tagli. Per gli enti sarebbe una bella boccata d’ossigeno visto che il contributo chiesto dal commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli va versato al bilancio dello stato entro il 10 ottobre, pena il recupero delle somme a valere sui fondi dell’imposta sull’Rc auto. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ci sarebbe (anche) questo pasticcio alla base della mancata approvazione martedì in consiglio dei ministri del decreto legge che oltre a una improbabile (perché non ufficialmente chiesta dall’Anci attraverso i canali istituzionali della Conferenza stato-città) proroga dei bilanci al 30 novembre avrebbe dovuto mitigare i tagli agli enti di area vasta. Enti che a partire dalla scorsa domenica e fino al 12 ottobre saranno chiamati a rinnovare 64 amministrazioni (più otto città metropolitane). Tra i nuovi presidenti di provincia figurano molti sindaci di comuni capoluogo e del Pd. E qualche maligno ipotizza che la frenata del governo sull’applicazione dei tagli non sia casuale. I sacrifici chiesti alle province, infatti, erano noti da aprile, ma solo oggi, dopo le elezioni provinciali, Renzi si è reso conto che rischiavano di portarle alla bancarotta.

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