Possibilità di un ente locale di presentare querela per diffamazione a tutela della propria immagine

Il Servizio Affari Istituzionali e Locali, Polizia Locale e Sicurezza del Sistema delle Autonomie Locali della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia risponde al seguente quesito posto da un Comune.

l Comune chiede un parere in ordine alla possibilità di presentare querela [1] per il reato di diffamazione verso chi ha diffuso in pubblici locali e presso famiglie un volantino in cui si attribuisce al Sindaco il fatto di essersi aumentato l’indennità, laddove l’indennità dallo stesso percepita dal 2009 ad oggi è quella prevista dalla legge[2]. L’Ente ritiene che il volantino riporti dati diffamatori ed oggettivamente non veritieri e che sia idoneo a danneggiare l’immagine e la credibilità dell’amministrazione complessiva e chiede se la Giunta possa deliberare l’affidamento dell’incarico ad un legale per presentare una ‘denuncia querela’ per diffamazione contro i suoi autori.

In via preliminare, si ricorda che l’attività di questo Servizio consiste nel fornire un supporto generale sulle questioni giuridiche poste dagli enti ed esula da qualunque tipo di controllo in ordine ai singoli atti delle amministrazioni locali, e dunque da qualsiasi ingerenza sulla valutazione dei fatti che li riguardano. Per cui, prendendo atto di quanto affermato dall’Ente in ordine alla corrispondenza a legge dell’indennità del Sindaco e dell’apprezzamento sul contenuto del volantino, che l’Ente assume diffamatorio e idoneo a danneggiare l’immagine dell’amministrazione, a prescindere da qualsiasi valutazione al riguardo si affronta la questione se vi siano ostacoli, di carattere giuridico contabile, alla deliberazione della Giunta di incaricare un legale per la presentazione di querela, da parte dell’Amministrazione comunale, in relazione al comportamento degli autori del volantino.

Ai sensi dell’art. 595 c.p., compie reato di diffamazione chiunque offenda l’altrui reputazione mediante comunicazione a più persone (comma 1).

Riguardo alla possibilità per le persone giuridiche di proporre querela contro il reato di diffamazione, nel caso in cui accanto all’aggressione della persona fisica specificamente individuata si raffiguri anche quella dell’ente cui quella persona appartiene, si riportano le riflessioni della giurisprudenza, secondo cui la capacità di essere soggetti passivi del reato di diffamazione non può essere esclusa nei confronti delle entità giuridiche, associazioni, enti di fatto privi di personalità giuridica, quali partiti, fondazioni, comunità religiose, corpi amministrativi o giudiziari[3].

Infatti, l’individuazione del destinatario dell’offesa in una determinata persona fisica, specificamente aggredita nell’onore e nella reputazione con riferimento alle funzioni svolte in un ente collettivo, non preclude la configurabilità del reato per una concorrente aggressione all’onore sociale dell’ente al quale quella persona appartiene[4].

Tuttavia, occorre che l’offesa assuma un evidente carattere diffusivo, nel senso di incidere direttamente sulla considerazione di cui l’ente gode nella collettività[5].

La giurisprudenza ha indicato elementi da cui poter trarre il carattere diffusivo dell’offesa, tale da incidere anche sull’ente cui appartiene la persona fisica espressamente destinataria delle affermazioni del soggetto agente. E così, la Cassazione penale ha elencato la natura e la portata dell’aggressione, le circostanze narrate, le espressioni usate, i riferimenti ed i collegamenti operati dal soggetto attivo all’attività svolta e alle finalità perseguite dal soggetto passivo, la forma impersonale delle accuse, l’uso del plurale, il contesto complessivo del contenuto diffamatorio, e comunque tutti gli elementi che la fattispecie offre[6].

La giurisprudenza, dunque, pur non precludendo la possibilità che persone giuridiche possano assumere la qualità di soggetti passivi dei delitti contro l’onore, pone, tuttavia, dei limiti di natura sostanziale, nel senso che ‘l’offesa deve essere così oggettivamente diffusiva da incidere anche sull’ente’[7], in relazione ai rigorosi parametri sopra riportati.

Al fine dell’autonoma valutazione dell’Ente, in ordine alla propria legittimazione a proporre querela, appare pertanto fondamentale la ponderazione dell’effettivo coinvolgimento diretto dell’Amministrazione comunale (e non soltanto del Sindaco) nella portata – che l’Ente afferma diffamatoria – delle espressioni utilizzate nel volantino.

A ciò si aggiunga la valutazione in ordine all’esimente del diritto di critica, ai sensi dell’art. 51 c.p., secondo cui l’esercizio di un diritto esclude la punibilità.

Con specifico riferimento alla critica espressa in un contesto di opposizione politica (come nel caso di specie), a mezzo stampa[8], la giurisprudenza ha affermato che la critica costituisce attività speculativa e congetturale, attraverso la lettura o rivisitazione di fatti veri, per cui la stessa non può pretendersi del tutto asettica, quasi fedele riproposizione di quegli accadimenti, perché se così fosse sarebbe cronaca e non già giudizio di valore. La critica non può essere del tutto avulsa da ogni riferimento alla realtà sostanziale, deve pur sempre riferirsi ad un determinato evento, tra gli altri socio-politico, ma, per sua stessa natura, consiste nella rappresentazione, per l’appunto critica, di quello stesso fatto e dunque nella sua elaborazione[9].

Infine, sotto il profilo degli ostacoli di natura contabile che si potrebbero frapporre all’affidamento, con delibera di giunta, dell’incarico ad un legale per la proposizione della querela, si osserva che la presentazione della querela, da intendersi quale diritto riconosciuto ad ogni persona offesa da un reato, per cui non debba procedersi d’ufficio, è atto di parte per il quale non è necessario il patrocinio e l’assistenza di un legale[10].

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[1] Il reato di diffamazione lamentato dall’Ente è punibile a querela della persona offesa. La querela può essere presentata dalla persona offesa dal reato entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato (art. 124 c.p.).

[2] In proposito, per rigore espositivo, si richiama l’art. 41, c. 2, L.R. n. 18/2015, ai sensi del quale la misura delle indennità base di funzione e di presenza degli amministratori locali è determinata con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell’Assessore competente, sentita la Commissione consiliare competente. In materia, vige tuttora la DGR 24 giugno 2011, n. 1193 – emanata nella vigenza dell’art. 3, comma 13, L.R. n. 13/2002, abrogato e trasfuso nell’art. 41, comma 2, L.R. n. 18/2015, cit. -, che ha determinato le indennità di funzione del sindaco ed ha altresì previsto le misure percentuali di aumento, alle condizioni ivi previste. In particolare, si veda il punto 15 della DGR n. 1193/2011, nella parte in cui prevede l’aumento del 35% dell’indennità di funzione per gli amministratori, ad eccezione dei lavoratori dipendenti non collocati in aspettativa.

[3] Cass. pen., sez. V, 26 ottobre 2001, n. 1188; Cass. pen., sez. V, 16 giugno 2011, n. 37383. Conformi sulla possibilità anche per le persone giuridiche di assumere la veste di soggetti passivi del delitto di diffamazione: Cass. pen., sez. V, 7 ottobre 1998, n. 12744; Trib. Milano, sez. I, 23 marzo 2015, n. 3747. Cass. pen., sez. V, 30 gennaio 1998, n. 4982.

[4] Cass. pen., sez. V, 30 gennaio 1998, n. 4982.

[5] Cass. pen., sez. V, 26 ottobre 2001, n. 1188; Cass. pen., sez. V, 16 giugno 2011, n. 37383.

[6] Cass. pen., sez. V, 30 gennaio 1998, n. 4982; Cass. pen., sez. V, 26 ottobre 2001, n. 1188; Cass. pen., sez. V, 16 giugno 2011, n. 37383.

[7] Cass. pen., sez. V, 30 gennaio 1998, n. 4982.

[8] Fattispecie integrata, tra l’altro, dalla distribuzione di volantini, cfr. Cass. pen., sez. II, 25 marzo 2011, n. 26133.

[9] Cass. pen., sez. V, 16 novembre 2004, n. 6416. Nello stesso senso, Cass. pen., 26 settembre 2014, n. 48712, secondo cui, nell’esercizio del diritto di critica politica, il rispetto della verità del fatto assume rilievo limitato, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. Il limite immanente all’esercizio del diritto di critica è, pertanto, costituto dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che comunque non si trascenda in gratuiti attacchi personali (limite della continenza). Ove il giudice pervenga, attraverso l’esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest’ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell’esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione.

[10] Corte dei conti, sez. reg. controllo per la Regione Lombardia, 12 luglio 2011, n. 452.

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