Pensioni, importi fermi due anni

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nel 2017 i trattamenti pensionistici non subiranno alcuna rivalutazione, almeno per il momento. Infatti il decreto ministeriale Economia-Lavoro pubblicato mercoledì in Gazzetta Ufficiale ha ufficializzato la misura della rivalutazione definitiva 2015 a valere sulle pensioni dal 2016 e di quella provvisoria 2016 a valere dal 1° gennaio 2017. In entrambi i casi il valore è nullo (zero per cento).

In realtà il valore effettivo, calcolato dall’Istat sulla base dell’andamento dei prezzi, sarebbe negativo (-0,1%), ma è stato portato a zero per effetto della clausola contenuta nella legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 287, legge 208/2015), in base alla quale il valore applicato per la rivalutazione delle prestazioni previdenziali e assistenziali non può essere inferiore a zero.

Dunque gli importi in pagamento dal mese di gennaio saranno uguali a quelli attuali, ma con due eccezioni. La prima riguarda tutti e consiste in un conguaglio negativo una tantum per recuperare quanto erogato nel 2015. Infatti all’inizio dello scorso anno la perequazione provvisoria fu stimata allo 0,30% mentre a fine anno fu accertato che il valore definitivo era pari allo 0,20 per cento. Ciò avrebbe causato un recupero negativo a gennaio 2016.

Per evitare ciò, la legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 288, legge 208/2015) ha introdotto una sospensione del recupero inflattivo (0,3-0,2) prevedendo che il recupero sia effettuato in sede di rivalutazione definitiva dei trattamenti pensionistici 2016. Le operazioni dovrebbero essere effettuate con la prima mensilità del 2017, sempre che non ci sia un nuovo intervento normativo che postici ulteriormente il recupero o lo sterilizzi definitivamente. A questo riguardo occorre evidenziare che i pensionati sono passati da anni di blocco perequativo a una rivalutazione nulla in termini percentuali.

L’importo da recuperare comunque è contenuto. Chi ha importi fino a tre volte il minimo dovrà restituire lo 0,1% dell’assegno moltiplicato per 13 mensilità: per un importo lordo di 1.400 euro significa restituire 18,20 euro. Per chi ha importi superiori, il prelievo in proporzione si riduce perché la perequazione viene riconosciuta nella misura del 95, 75, 50, 45 per cento. Quindi per chi ha una pensione tra tre e quattro volte il minimo, per esempio, l’una tantum sarà dello 0,95% dell’assegno moltiplicato per 13.

L’altra eccezione è svincolata dal meccanismo di perequazione ma ha comunque effetto sull’assegno. Dal 2017, infatti, non si applicherà più il contributo di solidarietà del 6, 12, 18% per le fasce di importo superiori a 14, 20, 30 volte il trattamento minimo. Quindi questi assegni ritorneranno all’importo pieno.

Il tema delle rivalutazioni negli ultimi anni è stato spesso al centro del dibattito. Dalla riforma del 2011 che bloccò la rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo, fino alla sentenza della Corte costituzionale (70/2015) che ha dichiarato l’illegittimità della norma stessa portando il governo ad approvare un decreto legge (il 65/2015) per sanare la questione.

Per gli anni 2012 e 2013 sono stati riconosciuti – nell’estate 2015 – degli arretrati in valore percentuale dal 40 al 10% della perequazione non attribuita in tale biennio. Tuttavia l’effetto trascinamento sull’importo della pensione degli anni successivi è stato limitato al 20% per il 2014 e 2015 e al 50% a decorrere dal 2016. In pratica la rivalutazione degli anni 2012 e 2013 viene “consolidata” solo in parte nei trattamenti pensionistici a regime che a loro volta subiranno le future rivalutazioni.

Il processo di restituzione di quanto trattenuto in passato si è comunque concluso e gli importi in pagamento quest’anno costituiranno la base per le rivalutazioni future.

 

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