Pa, pensionamenti per 60mila in tre anni

Fonte: Il Sole 24 Ore

Qualche giorno fa dai sindacati era arrivata la stima di 100mila possibili nuove assunzioni nel pubblico impiego utilizzando strumenti vari come il blocco del turn over dei dirigenti e nuovi pensionamenti in alcuni comparti. Ora c’è in campo il decreto del Governo, accompagnato dall’annuncio di 10-15mila assunzioni possibili entro il 2018 grazie ai posti liberati con l’abolizione dei trattenimenti in servizio (sono circa 2mila l’anno secondo l’Aran). In realtà la platea potenziale di posizioni che si potrebbero riaprire per dare spazio all’auspicata «staffetta generazionale» è molto più ampia. «C’è una norma nel decreto che consente alle amministrazioni di mettere in pensione i dipendenti che hanno raggiunto la contribuzione piena spiega il ministro Maria Anna Madia al Sole 24 Ore una platea di circa 60mila dipendenti nel prossimo triennio. Magari molti andranno in pensione comunque, ma si tratta di uno spazio assunzionale in più rispetto alla cancellazione del trattenimento in servizio». Il decreto ha poi attivato altri tre strumenti destinati ad aprire posizioni: il divieto totale di incarichi nella Pa a chi è già in pensione, la cosiddetta semplificazione del turn over ora calcolato solo sulla spesa e non più sulle persone in organico e il blocco per i prossimi tre anni dei concorsi per la dirigenza. «L’obiettivo è utilizzare maggiori spazi del turn over per reclutare funzionari dice il ministro e lo faremo ovviamente partendo dalle graduatorie dei vincitori dei concorsi». Sulle potenzialità di assunzione a spesa invariata derivanti dal ricalcolo del turn over, a questo punto, l’attesa è tutta concentrata sulla relazione tecnica che accompagnerà il decreto in Parlamento. Mentre per completare la riflessione sulle potenziali nuove assunzioni di giovani nella Pa bisogna ricordare l’altro strumento contenuto nel ddl delega, che Maria Anna Madia spera di veder approvato entro fine anno: «Puntiamo moltissimo sul part-time al 50% per chi si trova a cinque anni dalla pensione. Ed è proprio per dar più forza a questo strumento che abbiamo deciso di rinunciare agli esoneri dal servizio che si sarebbero tramutati in un disincentivo». Anche sui part-timers senior potenziali nella Pa è bene aspettare l’analisi dei tecnici. Ma ci sono numeri dell’Aran che dicono molto: nel 2012 il 6% dei dipendenti pubblici (circa 240mila persone) era ultrasessantenne, una percentuale che non è cambiata molto l’anno successivo e che va inquadrata in un contesto nel quale oltre un terzo dei dipendenti ha più di 50 anni. Oltre agli spazi assunzionali dischiusi da decreto e ddl, ci sono poi da considerare le norme sulla mobilità volontaria e obbligatoria previste per le amministrazioni centrali, gli enti pubblici non economici e le agenzie, processi che verranno sostenuti con un fondo ad hoc dell’Economia di 30 milioni l’anno dal 2015 (sono 15 nel 2014 con l’impegno di destinare le prime risorse per la mobilità di dipendenti delle province agli uffici giudiziari, dove ci sono circa 7mila posti scoperti e necessità funzionali da soddisfare in tempi brevi). «Il nostro obiettivo è far funzionare davvero la mobilità anche negli enti locali dice ancora il ministro Madia e per questo puntiamo tutto sull’alleanza istituzionale che abbiamo sottoscritto con comuni, province e regioni. Un’intesa che dovrà sostenere anche l’impegno forte a un governo multi-livello sul fronte delle semplificazioni». Un frutto è appena arrivato con l’intesa di pochi giorni fa in Conferenza unificata sui moduli unici per la Scia in edilizia e per i permessi di costruire.

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