P.a., slittano le stabilizzazioni Bandi riservati e paletti ai contratti precari, tutto da rifare

Fonte: Italia Oggi

La riforma del pubblico impiego può attendere. E’ rimasto fuori dal decreto legge, varato ieri dal consiglio dei ministri, il pacchetto di norme su reclutamento, contratti a termine, procedure di mobilità e assunzioni che avrebbe realizzato una radicale riforma del lavoro statale.

Il governo però, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ha preferito circoscrivere l’ambito di applicazione del decreto al solo lavoro privato, mettendo in naftalina le norme sul pubblico impiego destinate a trovare posto in un provvedimento di prossima emanazione.

Per il momento dunque non ci sarà nessuna proroga a fine anno del termine, fissato al 30 giugno 2013, entro cui le p.a. con personale non riassorbibile alla luce dei tagli della spending review (dl 95/2012) avrebbero dovuto dichiarare gli esuberi.

Slitta anche la stabilizzazione dei precari che avrebbe consentito agli enti pubblici di bandire concorsi esclusivamente riservati a dipendenti che abbiano lavorato nella pubblica amministrazione almeno tre anni negli ultimi dieci. Un rinvio che non è piaciuto all’Anci, preoccupata per gli effetti che un precariato senza prospettive di regolarizzazione potrebbe avere sullo svolgimento di alcune funzioni comunali di cruciale importanza come la scuola e i lavori socialmente utili.

La recente proroga fino a fine anno dei contratti a termine (che sarebbero scaduti il 31 luglio), secondo i sindaci, non basta perché, come ha sottolineato Umberto Di Primio, sindaco di Chieti e delegato Anci alle politiche per il personale, il comparto degli enti locali «necessita di un trattamento differente per specificità d’utilizzo e diversità contrattuale». «Servono misure eccezionali per ridurre progressivamente il fenomeno del precariato storico e tali misure dovranno inevitabilmente essere accompagnate da un allentamento dei vincoli sulle assunzioni e sulle spese di personale senza il quale qualunque norma rischia di restare sulla carta creando a migliaia di lavoratori precari l’illusione della stabilizzazione ed alle amministrazioni comunali l’illusione di vedere integrati organici sempre più scarni e datati», ha proseguito Di Primio annunciando l’intenzione dell’Anci di chiedere un nuovo incontro chiarificatore con il ministro della funzione pubblica Gianpiero D’Alia.

Ma cosa prevedevano le norme espunte all’ultimo momento dal decreto? In materia di stabilizzazioni la bozza consentiva agli enti pubblici, per valorizzare le professionalità acquisite dal personale precario riducendone al contempo la consistenza numerica, di bandire concorsi con l’obbligo di riservare il 50% dei posti ai dipendenti a termine che abbiano svolto alle dipendenze della p.a. almeno tre anni di servizio (sugli ultimi dieci). E per facilitare l’operazione si prevedeva anche la possibilità di stabilizzare personale precario con contratti part time, «tenuto conto dell’effettivo fabbisogno di personale e delle risorse finanziarie dedicate».

Inoltre, per chiudere definitivamente con l’abuso dei contratti «precari» nella pubblica amministrazione, venivano introdotti nuovi vincoli. In futuro, se la norma non subirà stravolgimenti, per attivare contratti flessibili (tempo determinato, formazione e lavoro, altri rapporti formativi come l’apprendistato, somministrazione di lavoro e lavoro accessorio), non basterà più che l’amministrazione accerti e dimostri la necessità di «rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali». I contratti flessibili, infatti, saranno attivabili «per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale». Non si tratta di una mera modifica di stile. Nel testo previgente, l’articolo 36, comma 2, era ambiguo sulla causa giustificatrice dell’utilizzo di contratti flessibili, lasciando margini di apprezzamento discrezionale alle amministrazioni. Che, spesso, hanno male utilizzato tale discrezionalità, utilizzando forme flessibili per fabbisogni stabili. Ora la norma, se sarà confermata nel testo definitivo, limita con maggiore chiarezza l’impiego dei contratti flessibili ad esigenze esclusivamente temporanee o eccezionali, impedendo radicalmente di utilizzare forme flessibili per coprire mere vacanze di organico.

Infine, la mini-riforma del pubblico impiego, espunta all’ultimo momento dal decreto lavoro, inaspriva le sanzioni di natura amministrativa connesse alla stipulazione di contratti a tempo determinato in violazione dei più stretti vincoli introdotti. Come? Sopprimendo l’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 36, sostituito da un nuovo comma 5-quater, specificamente rivolto ai contratti a tempo determinato. Detto comma specifica che se essi sono posti in essere in violazione delle previsioni dell’articolo 36 sono radicalmente nulli: il che implica l’applicazione dell’articolo 2126 del codice civile e l’impossibilità di qualsiasi trasformazione in lavoro a tempo indeterminato.

La nullità dei contratti comporta che il pagamento delle prestazioni, cui comunque il lavoratore ha diritto, si trasformi in risarcimento del danno; per questa ragione alla nullità consegue la responsabilità erariale in capo ai dirigenti responsabili, sui quali incomberà anche la possibilità di applicare le sanzioni per responsabilità dirigenziale di cui all’articolo 21 del dlgs 165/2001 e un’eventuale valutazione negativa ai fini del risultato.

Le medesime sanzioni saranno applicate anche nel caso in cui siano avviate collaborazioni coordinate e continuative simulate, che nascondano veri e propri rapporti di lavoro a termine in violazione dei limiti indicati dalla legge.

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