Note in materia di collaborazione coordinata e continuativa dopo il Jobs Act – Il Commento di L. Lovecchio

di L. Lovecchio (www.bilancioecontabilita.it 15/6/2016)

Le disposizioni base di riferimento

  • articolo 409, cpc: estende la tutela del rito lavoristico alle prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa, che si concretizzino in prestazioni d’opera “continuata e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”;
  • articolo 7, D.Lgs. n. 165/2001, che stabilisce le regole per le Pubbliche Amministrazioni per affidare incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, senza tuttavia definirne compiutamente i contorni;
  • le collaborazioni coordinate e continuative appartengono da sempre al genus del lavoro autonomo, dal quale si distinguono per il peculiare requisito del coordinamento.

La riforma “Biagi”: articoli da 61 a 69 bis, D.Lgs. n. 276/2003

  • introduce la figura delle collaborazioni coordinate e continuative “a progetto”, allo scopo di valorizzare la distinzione tra questa figura contrattuale e quella del lavoro subordinato in funzione del diverso oggetto del rapporto, rappresentato nella prima dal conseguimento di un risultato utile per il committente (obbligazione di risultato), nella seconda dalla mera messa a disposizione di una prestazione lavorativa (obbligazione di mezzi);
  • per espressa previsione di legge, le cd “co.co.pro.” non riguardavano le Pubbliche Amministrazioni. Da ciò, potevano tuttavia scaturire due interpretazioni, tra loro alternative:
    a) l’inapplicabilità alla P.A. riguardava non già la nuova nozione di co.co.co. che l’ordinamento sembrava prefigurare, ma unicamente le condizioni di accesso poste dalla normativa a tale tipologia contrattuale nonché le sanzioni derivanti dalla violazione della disciplina di legge (si pensi, ad esempio, agli stringenti requisiti formali del contratto e alla riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato, in caso di violazione delle regole delle co.co.pro.), fermo restando però che anche per le co.co.co. pubblicistiche occorreva che il rapporto avesse ad oggetto il conseguimento di un risultato e non si risolvesse in una mera prestazione lavorativa, di tal che risultava inconciliabile con tale istituto l’imposizione di precisi obblighi di orari. In altri termini, secondo questa prospettazione, la nozione di co.co.co. restava comunque unitaria per l’ordinamento, differenziandosi il comparto pubblico da quello privato unicamente sotto il profilo di taluni aspetti procedurali…

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