L’intesa di maggio non cambia le regole sul lavoro

Fonte: Il Sole 24 Ore

In tema di lavoro pubblico, i contenuti dell’intesa di maggio, sottoscritta da Governo, Regioni, Province, Comuni e organizzazioni sindacali, tracciano un percorso che prenderà il via dopo un intervento legislativo su alcuni settori nevralgici: modello delle relazioni sindacali, misurazione e valutazione della performance, mercato del lavoro, sistemi di formazione del personale, dirigenza pubblica. Fintanto che non ci sarà questo intervento legislativo, l’attuale assetto normativo è pienamente vigente, restando in capo alle amministrazioni l’obbligo di applicarlo, pur con le rigidità e le criticità che presenta. Per dirne qualcuna:
a) sul fronte del modello di relazioni sindacali manca, nell’attuale assetto, un coinvolgimento formale di alcuni attori che rappresentano la parte datoriale (Regione, Province, Comuni). L’intesa di aprile 2009, in tema di modello contrattuale nel settore pubblico, che recepiva l’accordo quadro del 22 gennaio 2009, non era stata sottoscritta dalle autonomie territoriali e, tanto per ricordarlo, neppure da tutte le sigle sindacali. Le misure previste nell’intesa di maggio consentiranno di superare questa mancanza;
b) il sistema di misurazione e valutazione della performance è in sofferenza perché l’obbligo di graduare il merito del personale in tre fasce (25% alta, 50% media e 25% bassa) con penalizzazione del 25% delle risorse che si devono necessariamente collocare nella fascia bassa, si attua con fatica e si trovano infinite scappatoie per eluderlo. Infatti, se da un lato l’attuale modello assicura la differente valutazione della performance, dall’altro si configura miope e viziato per realtà caratterizzate da eccellenza (esistono anche nel settore pubblico, più di quanto si immagini, anche se non va di moda affermarlo) rispetto alle quali è insensata una collocazione del personale in una fascia bassa. Per non parlare del fatto che il ciclo della performance pretende di attribuire obiettivi a tutti i dipendenti con le difficoltà che ne derivano. Le finalità di semplificazione richiamate nell’intesa dovranno correggere le rigidità senza alterare il sistema fondato sul valore del merito come delineato dalla riforma Brunetta;
c) in tema di mercato del lavoro è opportuno armonizzare quanto sta accadendo nel settore privato e dettare finalmente per l’ambito pubblico una disciplina puntuale e organica delle tipologie di lavoro flessibile utilizzabili. È il caso anche di chiarire cosa deve succedere sul fronte della flessibilità in uscita laddove si applica l’articolo 33 del Dlgs 165/2001. La sottoscrizione di eventuali contratti di solidarietà deve necessariamente trovare il coinvolgimento sindacale;
d) la formazione del personale è stata in questi anni fortemente penalizzata. È necessario rivitalizzarla. La carenza di risorse finanziarie per sostenerla obbliga ancora di più a razionalizzare le molteplici scuole attualmente esistenti. Riduzione delle scuole, perciò, per realizzare risparmi da destinare alla formazione;
e) la dirigenza continua a rappresentare il perno di ogni riforma. È utile rinnovare il sistema di reclutamento adeguandolo alla necessità di una classe dirigenziale più innovativa e professionalizzata. Anche una maggiore mobilità della dirigenza tra i vari comparti può favorire l’arricchimento del patrimonio di esperienza e conoscenza. Infine rimettere ordine sui criteri di conferimento degli incarichi, per una maggiore autonomia del vertice politico e per prevenire il fenomeno della corruzione, rappresenta un obiettivo che, come molti di quelli individuati dall’intesa di maggio, è in piena sintonia con i principi di delega contenuti già nella legge 15/2009, alcuni dei quali mancavano di attuazione. È anche un’occasione per colmare questa mancanza.
Con la speranza che la presa di coscienza della situazione generale di crisi sia seria e dia i suoi frutti. Nel frattempo rimangono gli obblighi della normativa vigente.

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