Licenziabile il lavoratore per reati commessi prima dell’inizio del rapporto di lavoro?

Approfondimento di R. Squeglia

La pronuncia che si segnala investe il tema della rilevanza, ai fini disciplinari, della condanna passata in giudicato a carico di un lavoratore subordinato, per fatti non direttamente attinenti al rapporto di lavoro. Benché la pronuncia della S.C. riguardi il caso di un dipendente da privato datore di lavoro, il tema si presenta particolarmente interessante ai fini di cui alla presente Rivista, tenuto conto delle previsioni del codice disciplinare degli enti locali in materia.
Non va infatti trascurato di considerare che l’art. 3 del CCNL dell’11 aprile 2008, in due previsioni inserite per la precisione al comma 7, lettera h) ed al comma 8 lettera e), stabilisce il rilievo disciplinare delle condanne penali, passate in giudicato, anche se non attinenti in via diretta al rapporto di lavoro, che possono, a seconda della previsione, comportare il licenziamento con o senza preavviso del dipendente.
La ridetta pronuncia risulta particolarmente interessante, ed almeno per quanto consta a chi scrive, innovativa, nella parte in cui non arresta la propria analisi a tale – pur significativo – aspetto, ma si diffonde a scandagliare, con notevole accuratezza, un aspetto ulteriore, ovverosia quello della rilevanza disciplinare di condanne intervenute per fatti-reato che temporalmente esulano dal rapporto di lavoro, perché, esemplificativamente, sono intervenuti prima dell’inizio.
La vicenda processuale vede la Corte d’Appello di Napoli, in sede di reclamo ex art. 1 della legge n. 92/2012 (c.d. legge “Fornero”) confermare l’illegittimità del licenziamento di un dipendente di una società privata per una condanna passata in giudicato ex art. 444 c.p.p. per reati commessi prima dell’assunzione, avendo evidenziato sia l’inconferenza del reato commesso rispetto all’arco temporale di durata del rapporto di lavoro, sia l’intempestività della contestazione di addebito rispetto al momento in cui l’amministrazione veniva notiziata dell’applicazione di una misura cautelare in sede penale a suo carico.
Il lavoratore agisce per cassazione lamentando l’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto l’astratta sanzionabilità in sede disciplinare di una condanna avente ad oggetto fatti anteriori all’inizio del rapporto di lavoro. Anche la società datrice di lavoro ricorre in via incidentale, articolando due distinti motivi, dei quali, ai fini del presente approfondimento, merita considerare il primo, con il quale censura la sentenza di merito in ordine al rilievo, che pure si legge nella sentenza di appello, di tardività della contestazione di addebito, tenuto conto che, alla stregua della clausola contrattuale che la prevede, deve verificarsi rispetto al momento della irrevocabilità della sentenza, non della pronuncia. Né poteva addebitarsi alla società ricorrente in via incidentale il ritardo connesso alla necessità di apprendere la natura dei reati, indispensabile per valutarne il riflesso sulla persistenza del vincolo fiduciario.

Continua a leggere l’articolo

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *