Lavoro, in arrivo una mini riforma

Fonte: Il Secolo XIX

Poco più di un miliardo per finanziare le misure più urgenti mentre il tema del cuneo fiscale sarà affrontato in autunno con la legge di stabilità. Allo studio un bonus solo per le nuove assunzioni di under 30, ma rischiano di restare fuori gli incentivi per la trasformazione di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato.

MentreCgil, Cisl e Uil si preparano a scendere in piazza domani a Roma per la prima volta insieme dopo dieci anni, la prossima settimana, probabilmente martedì, il governo metterà in campo un decreto con il pacchetto-lavoro per affrontare l’emergenza e aiutare le imprese a fare nuove assunzioni.

Il ministro Enrico Giovannini ha predisposto un mix di interventi su cui l’ultima parola spetta al titolare del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, che dovrà valutare le coperture proposte. La coperta è stretta per cui l’idea è di stanziare prevalentemente fondi europei inutilizzati da riprogrammare in funzione del pacchetto-lavoro. E questo spiega la presenza di Giovannini all’Ecofin di Lussemburgo, in compagnia di Saccomanni.

«La settimana prossima, presenteremo un piano per l’occupazione giovanile con risorse nostre, senza sforare gli impegni di bilancio che ci siamo presi», ha precisato il premier Enrico Letta. I vecchi fondi europei serviranno per la decontribuzione delle nuove assunzioni di giovani, per il tirocinio, l’imprenditorialità giovanile e le cooperative del terzo settore.

Resta il nodo degli sgravi fiscali alle imprese, che difficilmente entreranno nel decreto: rimane in piedi l’ipotesi del credito d’imposta per le assunzioni con lo sgravio dell’Irap ma, per questa operazione, servono più soldi di quelli che si possono trovare grattando il fondo del barile dei fondi Ue non spesi. E quindi è improbabile un via libera del Tesoro a una misura che ha un impatto significativo sul gettito fiscale.

Meno che mai il governo potrà ridurre il cuneo fiscale, tagliando tasse e contributi che pesano sulle buste-paga: sarebbe una manovra da 4-5 miliardi, che il governo non si può permettere mentre è aperta la discussione su cosa fare dell’aumento Iva e dell’Imu sulla prima casa.

«Questi interventi richiedono ingenti risorse e quindi ne riparleremo in occasione della legge di stabilità», ha sottolineato Giovannini. Il pacchetto-lavoro della prossima settimana potrà contare su «risorse limitate». Ma il cantiere è ancora aperto anche per quanto riguarda le misure a costo zero, che richiedono soprattutto una revisione della riforma Fornero.

Giovannini punterà in particolare sulla flessibilità in entrata, eliminando una serie di vincoli introdotti dal governo Monti. Verranno ridotte le pause previste per il rinnovo dei contratti a termine, che torneranno ad essere di 10 o 20 giorni a seconda della durata del contratto. Si pensa anche di alleggerire anche la causalità, che oggi è prevista per il primo rapporto di lavoro se la durata del contratto è di un anno.

Non si esclude inoltre qualche ripensamento anche sul giro di vite introdotto dall’ex ministro Elsa Fornero sulle false partite Iva, che servono a camuffare rapporti di lavoro dipendente. Una marcia indietro chiesta dalle imprese su cui è in corso una riflessione da parte del ministro. «In una fase di incertezza, non ci possiamo aspettare un investimento sui contratti a lungo termine. Dobbiamo quindi consentire una certa flessibilità in entrata», ha spiegato Giovannini.

Più problematica l’eliminazione del contributo dell’1,4 per cento a carico delle imprese sui contratti a termine, che serve a finanziare la mini-Asp i per i lavoratori precari disoccupati. È probabile un nuovo incontro con i sindacati prima del via libera al decreto mentre Confindustria fa un’apertura di credito nei confronti del governo.

«Il rinvio delle misure? È un buon segno. Stanno lavorando per uscire con un provvedimento che vada nella giusta direzione», ha dichiarato il leader degli imprenditori, Giorgio Squinzi. Molto più scettici i sindacati, che domani porteranno a Roma migliaia di lavoratori con 1400 bus e 10 treni straordinari. Cgil, Cisl e Uil temono soprattutto un ritorno al passato per quanto riguarda la flessibilità in entrata. «Il ministro Giovannini continua parlare di flessibilità, che sarebbe più corretto chiamare precarietà, ma questo è l’opposto di cui abbiamo bisogno», ha commentato ieri la leader della Cgil Susanna Camusso.

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