Individuazione sostituti dei titolari di posizione organizzativa

Il servizio di consulenza della regione Friuli Venezia Giulia risponde alla domanda posta da un Comune in ordine a due distinte questioni, concernenti l’organo/soggetto competente ad individuare i dipendenti che sostituiscono i titolari di posizione organizzativa, all’interno dell’Ente, e la competenza ad individuare il funzionario legittimato alla rappresentanza in giudizio del Comune stesso.
Nello specifico il consigliere manifesta perplessità in ordine alla competenza in materia della Giunta comunale.

Per quanto concerne la problematica connessa al soggetto competente a individuare i sostituti dei titolari di posizione organizzativa, si osserva che l’art. 42, comma 1, del CCRL del 7 dicembre 2006, in linea con quanto disposto dal legislatore statale all’art. 109, comma 2, del d.lgs. 267/2000, prevede che, negli enti locali privi di qualifiche dirigenziali, gli incarichi di posizione organizzativa sono conferiti con apposito provvedimento del sindaco.

Pertanto, pur rinviando alle norme di dettaglio stabilite nel regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi dell’Ente, si ritiene che, come avviene per la nomina dei titolari delle singole posizioni organizzative, anche la nomina dei funzionari sostituti dei medesimi, in caso di assenza o temporaneo impedimento, risulti di competenza del Sindaco.

Alla Giunta comunale è infatti attribuita di contro la competenza ad adottare il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi[1], a definire in generale l’assetto organizzativo dell’Ente, mediante l’articolazione delle aree di attività e correlata istituzione e pesatura delle singole posizioni organizzative ritenute necessarie per un’ ottimale gestione.

Potrebbe conseguentemente rientrare nelle competenze della Giunta solo la scelta e previsione, in via generale e regolamentare, di provvedere, qualora necessario, alla sostituzione di un titolare di posizione organizzativa tramite ricorso a dipendente assegnato a diversa struttura, trattandosi, in quel caso, di soluzione strategica adottata a livello organizzativo.

Per quanto concerne la questione relativa alla rappresentanza in giudizio[2], si rappresenta che tale tema è stato oggetto di rilevante attenzione da parte della giurisprudenza amministrativa e di legittimità a seguito della riforma dell’ordinamento degli enti locali, avvenuta con il d.lgs. 267/2000.

Il nuovo quadro delle competenze degli organi comunali, infatti, ha imposto un riesame dell’orientamento giurisprudenziale tradizionale, anche alla luce dell’intervenuta modifica del Titolo V della Costituzione, in senso più favorevole all’autonomia degli enti locali.

In questo senso la Corte di Cassazione a Sezioni Unite[3] precisava che: ‘competente a conferire al difensore del Comune la procura alle liti è il Sindaco, non essendo necessaria l’autorizzazione della Giunta municipale, atteso che al Sindaco è attribuita la rappresentanza dell’Ente, mentre la Giunta comunale ha una competenza residuale, sussistente cioè soltanto nei limiti in cui norme legislative o statutarie non la riservino al Sindaco (v. Sez. Un. 10.05.2001, n. 186)’.

Con una successiva pronuncia[4], la Corte di Cassazione, dopo aver comunque ribadito che in virtù dell’art. 50 del TUEL la decisione di resistere in giudizio compete immancabilmente al Sindaco, ha riconosciuto particolari margini all’autonomia statutaria dell’Ente. Si è infatti affermato che, nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (ex art. 6, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000) – di prevedere l’autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia). Ove l’autonomia statutaria si sia così indirizzata, l’autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza.

In conclusione, è da considerare ormai consolidata giurisprudenza la regola secondo cui la decisione di agire e resistere in giudizio, nonché il conferimento della procura alle liti al difensore sono, in via ordinaria, di competenza del Sindaco in quanto organo titolare della rappresentanza legale dell’ente anche al fine della resistenza in giudizio[5], nonché in relazione al carattere residuale delle attribuzioni della giunta, e salvo ulteriori previsioni statutarie.

Di un tanto si è avuta conferma con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4277 del 26 agosto 2014, che ha affermato che ‘in via ordinaria – ai sensi degli artt. 35 e 36 della legge 8 giugno 1990 n. 142, poi trasfusi negli artt. 48 e 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – la decisione di agire e resistere in giudizio e il conferimento al difensore del mandato alle liti spettano al rappresentante legale dell’ente (cioè al Sindaco), senza bisogno di autorizzazione della Giunta o del dirigente competente ratione materiae. All’autonomia statutaria (legittimata a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio) è però conservata la possibilità di prevedere l’autorizzazione della Giunta ovvero di richiedere una preventiva determinazione del dirigente ovvero ancora di postulare l’uno o l’altro intervento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2012, n. 650)’.

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[1] Cfr. art. 48, comma 3, del d.lgs. 267/2000.

[2] E, più in particolare, la questione relativa all’eventuale necessità di una deliberazione della giunta e/o del dirigente di competenza che autorizzi il Comune a stare in giudizio e, a tal fine, conferisca la necessaria procura alle liti al difensore.

[3] Cfr. sentenza n. 17550/2002.

[4] Cfr. Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 12868/2005.

[5] Cfr. art. 50 del TUEL.

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