Furbetti del cartellino: il licenziamento resta valido a prescindere dall’intenzionalità del comportamento – Il Commento di V. Giannotti

di V. Giannotti

La Corte di Cassazione con la sentenza 6 settembre 2016, n. 17637, affronta il problema circa la legittimità della giusta causa del licenziamento di un dipendente pubblico che abbia timbrato il cartellino marcatempo per poi non prestare la propria attività lavorativa, nel caso in cui il citato dipendente, nel momento in cui effettuava la violazione della rilevazione della presenza, non era in grado di intendere e di volere.

Il fatto
Un dipendente pubblico era stato licenziato per essersi assentato dal servizio pur avendo fatto risultare la sua presenza mediante timbratura, in entrata ed in uscita, del cartellino marcatempo. Sia il tribunale di prime cure, che successivamente la Corte territoriale confermavano il citato licenziamento considerando irrilevanti le ragioni giustificative del comportamento addebitato non avendo il dipendente richiesto autorizzazioni per assentarsi dal servizio per prestare assistenza ai genitori ed essendosi allontanato dal luogo di lavoro dopo avere falsamente attestato la sua presenza attraverso la timbratura del cartellino marcatempo in entrata ed in uscita, comportamento questo integrante la previsione dell’art. 55-ter del d.lgs. 165/2001 trattandosi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolenta.
Avverso il provvedimento della Corte di appello ricorre il dipendente, affidandosi a diversi motivi, alcuni di questi inammissibili in quanto nuovi (es. infermità di mente, la non capacità di intendere e di volere), mentre altri sottoposti a scrutinio da parte dei giudici di legittimità e riguardanti:
a) illegittimità del licenziamento in quanto avvenuto solo successivamente al suo rientro dalla malattia in assenza della sottoposizione del dipendente a visita medica di idoneità specifica;
b) mancata specificazione circa l’intenzionalità del comportamento in caso di sanzione disciplinare espulsiva.

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