Festività infrasettimanali: conseguenze del rifiuto della prestazione

OSSERVATORIO GIURISPRUDENZA

La Suprema Corte si trova a conoscere del licenziamento intimato ad un dipendente determinato dal rifiuto di espletare attività lavorativa nella giornata del 1° maggio e della possibilità di derogare alla legge sulle festività infrasettimanali in forza di accordi individuali o sindacali. Sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro, 15 luglio 2019, n. 18887.

Massima

La disciplina posta dalla legge n. 260 del 1949 e s.m., sulle festività infrasettimanali, è completa ed autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal prestare la propria attività lavorativa in occasione di determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose, con la conseguenza che il predetto diritto non può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di un accordo tra il datore di lavoro e lavoratore o di accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.

Fatto

Il Tribunale di Siracusa ha rigettato la domanda proposta da un lavoratore dipendente diretta ad accertare e dichiarare l’illegittimità, la nullità e l’ingiustificatezza del licenziamento, con condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal momento del recesso a quello della effettiva reintegra, alla regolarizzazione assistenziale e previdenziale e al risarcimento degli ulteriori danni alla integrità psico-fisica, anche in considerazione della gravità del provvedimento di licenziamento da considerarsi ingiurioso, persecutorio e vessatorio.

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