Dagli acquisti ai servizi, così le aggregazioni locali

Fonte: Il Sole 24 Ore

Comincia un periodo ricchissimo di scadenze per i piccoli Comuni, per gli obblighi di gestione associata che la legge da tempo certa con difficoltà di imporre agli enti di minore dimensione. Entro il 30 settembre, secondo il calendario ufficiale, i Comuni fino a 5mila abitanti (3mila in montagna) dovrebbero far confluire nelle gestioni associate altre tre funzioni fondamentali, ma sulle prospettive concrete di questa evoluzione i dubbi sono molti. Dal 1 gennaio, poi, scatteranno in due tappe gli obblighi relativi agli acquisti per tutti i Comuni non capoluogo di Provincia. L’Unione dei comuni rappresenta una delle opzioni a disposizione, ma quali sono esattamente le funzioni da conferire all’Unione? Quali gli obiettivi da raggiungere? L’articolo 33, comma 3-bis, del Codice dei contratti dispone che gli enti debbano avvalersi della centrale unica di committenza (Cuc). In base al comma 3, la centrale può assumere anche le funzioni di stazione unica appaltante (Sua) e gestire le gare per conto degli enti. Pertanto, non sembra più accoglibile la tesi che delimita l’applicabilità dell’obbligo alla sola fase della gara (Corte dei conti sez. Piemonte, parere 271/2012). In realtà la nuova disciplina è orientata al tema dell’aggregazione della domanda, come può evincersi anche dall’inserimento nella nuova formulazione dell’obbligo di centralizzare le spese di limitato importo effettuate dai Comuni con popolazione fino a 10mila abitanti (per le quali non serve alcuna gara). Occorre evidenziare la duplice ratio delle prescrizioni: obbligo di aggregazione degli acquisti per contenere la spesa pubblica, e possibilità di centralizzare le gare per assicurare trasparenza ai contratti. In questo quadro, si pone il problema delle spese di limitato importo, che un ente potrebbe acquisire rapidamente in base all’articolo 125 Codice dei contratti e che invece la norma in esame intende accentrare presso l’Unione; per questa ragione è auspicabile che il legislatore consideri nuovamente la richiesta di Anci di esentare tutti gli enti dall’obbligo di accentrare tali spese, per ragioni di snellimento amministrativo e di razionalità gestionale, e non solo i Comuni con più di 10mila abitanti.? Ma il nodo essenziale è un altro. L’obbligo di centralizzazione è poco compatibile con alcune forniture o servizi, di competenza di quei specifici settori che non sono stati unificati e rispetto ai quali l’Unione non dispone quindi di adeguate competenze. Ad esempio, l’acquisto di libri per la biblioteca o l’affidamento in gestione della stessa, con appalto o concessione, non sono spese utilmente accentrabili se non è stata conferita la funzione «cultura». Si potrebbe quindi sostenere che l’obbligo riguardi solo i principali acquisti di beni e servizi di natura “trasversale” e che non possa riguardare tutti gli acquisti dei singoli settori. Gli enti in particolare devono associare l’ufficio acquisti, grazie al quale è possibile ad esempio ridurre i costi di fornitura della cancelleria; un’applicazione letterale della disposizione, con riferimento a ogni possibile voce di spesa, determinerebbe una burocratizzazione eccessiva delle procedure e una fusione strisciante degli enti locali, al di là di quelle che sono le scelte di tipo associativo. In attesa di un autorevole chiarimento in materia, occorre sottolineare come questa ricostruzione sia del tutto coerente con quelli che sono gli obblighi associativi vigenti per i piccoli Comuni, nella convinzione che in un’epoca come questa sia necessario non rimandarne ulteriormente l’avvio.

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