Attività lavorativa durante l’astensione per malattia: quando il licenziamento è illegittimo

Approfondimento di G. Crepaldi

La giurisprudenza civile del lavoro è di frequente chiamata a valutare quale regime di attività fisica sia consentita al dipendente in malattia e viceversa, quale attività sia incompatibile con tale stato, tanto da far presumere l’inesistenza dell’infermità stessa.
I casi sono molteplici e, nella maggior parte delle situazioni valutate, la Corte di Cassazione finisce con il convincersi che il dipendente abbia ecceduto, svolgendo attività fisicamente non compatibili con la malattia certificata e, perciò, giustificandosi la sanzione disciplinare del licenziamento.
Si ricorda il caso del lavoratore che, assente per malattia a causa di una coxo-artrosi all’anca, ha trascorso parte dell’aspettativa al mare, dove pare essersi recato a mezzo di una poderosa motocicletta. Nella località balneare, oltre a recarsi in spiaggia ed a dedicarsi a salutari bagni, il lavoratore (un medico del settore privato) aveva prestato la propria attività lavorativa presso altra clinica sanitaria (21 aprile 2009 n. 9474). La contestazione disciplinare culminata con il licenziamento, dunque, non poteva avere ad oggetto lo svolgimento di attività lavorative presso terzi, queste non incompatibili con il rapporto di lavoro a tempo determinato.
Nello stesso senso si veda la pronuncia della Corte di Cassazione, 1° luglio 2005 n. 14046 che aveva riconosciuto legittimo il licenziamento di un dipendente che era stato sorpreso a lavorare con mansioni di carico e scarico merci e servizio ai tavoli nel circolo ricreativo gestito dalla moglie durante un periodo di assenza dal servizio.

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