Arriva il reddito di inclusione

Fonte: ItaliaOggi

Via libera al Rei, il reddito d’inclusione a contrasto della povertà. Con 138 sì, 21 astenuti e 71 voti contrari il senato ha approvato ieri in via definitiva il disegno di legge delega di lotta alla povertà e per il riordino delle prestazioni sociali. Comuni in prima linea: i servizi sociali del territorio, infatti, dovranno tra l’altro collaborare con i centri per l’impiego per favorire il reinserimento nel lavoro. Una volta pubblicata la legge, il governo avrà sei mesi per tradurre i principi in norme e per dotare il sistema assistenziale del nuovo strumento che, almeno nelle intenzioni, punta a essere più evoluto dell’attuale Sia, il sostegno all’inclusione attiva. Sia che finora ha risposto ai bisogni di circa 65 mila nuclei familiari, ma che si appresta (parola del ministro del lavoro) ad essere estero a 400 mila nuclei familiari.

Tre deleghe

Il provvedimento prevede tre deleghe (si veda tabella). La prima concerne l’introduzione del Rei (reddito d’inclusione), con una conformazione unica per l’intero territorio nazionale. Suo fine è il contrasto alla povertà, intesa «come impossibilità di disporre dell’insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso». La seconda delega riguarda il riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà. Infine, la terza delega affida al governo il compito di rafforzare il coordinamento degli interventi dei servizi sociali.

Il reddito d’inclusione

Il Rei rappresenterà la naturale evoluzione dell’attuale Sia. Come per la «Carta – Sia» (a sua volta forma evolutiva della «Carta acquisto»), il diritto sarà vincolato al perfezionamento di alcuni requisiti tra cui, principalmente, l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) e l’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa. Tali progetti, finalizzati al superamento della condizione di povertà della famiglia, saranno predisposti da équipe multidisciplinare costituita dagli ambiti territoriali (art. 8, comma 3, della legge n. 328/2000) in collaborazione con i centri per l’impiego.

Beneficio in moneta e natura

Il Rei avrà una duplice consistenza: beneficio economico e servizi alla persona. Dunque, non solo un credito finanziario (la carta acquisti) spendibile per fare acquisti (supermercati ecc.) o per pagare le bollette, ma anche servizi alla persona individuati e specificati dal progetto personalizzato.

Chi potrà beneficiarne

La definizione dei beneficiari è rimessa ai decreti attuativi, operazione che andrà fatta tuttavia tenendo conto di alcuni principi. Tra questi, che il riconoscimento del Rei sia vincolato a un requisito di durata minima di residenza in Italia; che sia considerata la condizione economica del nucleo familiare e della sua relazione con una soglia di riferimento per l’individuazione della condizione di povertà; che sia previsto un graduale incremento del beneficio e di una graduale estensione dei beneficiari da individuare prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione (situazioni anche oggi tutelate dal Sia).

Attuazione in tempi rapidi

Secondo il ministero del lavoro, Giuliano Poletti che ritiene «storica» l’approvazione del ddl, la messa in campo del Rei non richiederà tempi lunghi. «Siamo già molto avanti con la preparazione dei provvedimenti attuativi della legge», ha dichiarato, lasciando intendere la piena attuazione addirittura prima dei sei mesi fissati dalla legge. Per Poletti, inoltre, «sarà determinante il ruolo dei centri per l’impiego che, nella prospettiva di attuazione del Rei, avranno il compito in collaborazione con i servizi sociali del territorio di favorire il collocamento al lavoro delle persone più deboli».

Presto un’estensione del Sia

A proposito del Sia, operativo da settembre 2016 e che ha fatto da test per l’atteso Rei, Poletti ha annunciato a breve l’emanazione di un «decreto che amplierà la platea di beneficiari raggiungendo oltre 400 mila nuclei familiari, per un totale di 1 milione e 770 mila persone», grazie alle maggiore disponibilità di risorse (1,6 miliardi per il 2017). Il Sia, finora, ha risposto a circa 65 mila famiglie per un totale di 250 mila persone. Risposta scarsa a confronto dei dati della relazione del ddl appena approvato: 1 milione e 582 mila famiglie per circa 4 milioni e 600 mila soggetti in condizione di povertà assoluta (dati Istat al 14 luglio 2016).

Le reazioni

L’approvazione in senato della legge delega sul reddito di inclusione è «un’ottima notizia per chi, come noi sindaci fronteggia dalla prima trincea il problema della povertà, sperimentando misure di questo tipo che negli ultimi anni si sono moltiplicate in tante città», ha commentato il presidente dell’Anci Antonio Decaro che, da sindaco di Bari, ha introdotto la formula del «cantiere di cittadinanza». «Noi sindaci viviamo ogni giorno i drammi legati alla povertà. E da tempo rivendichiamo un piano complessivo di sostegno attivo alle fasce più deboli. I comuni si sono già mossi, anche raccogliendo risultati positivi. Ma non possono sostituirsi al governo». A reclamare una maggiore voce in capitolo per i comuni è anche Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia e delegato Anci al welfare. «Il ddl non è la risposta definitiva, ma rappresenta un passo importante per la storia del nostro Paese», ha osservato. «Siamo convinti che nella stesura del decreto attuativo verranno prese nella giusta considerazione le osservazioni giunte dai territori, e in particolare dai comuni, per rendere più efficace ed equa questa misura, con la modifica di alcuni limiti presenti negli originari criteri per l’accesso al Sia». Sarà poi importante evitare il depauperamento del Fondo per le politiche sociali. «Sappiamo che si sta facendo un grande lavoro, anche con le regioni e confidiamo che l’esito di questa interlocuzione riesca ad evitare pesanti cadute sui territorio», ha concluso Vecchi.

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