Al dipendente pubblico sospeso dal servizio perché arrestato e poi assolto, non spettano le retribuzioni non corrisposte
Il Commento di R. Squeglia

di R. Squeglia

La pronuncia della S.C. oggi in rassegna affronta un tema di notevole rilievo pratico nella gestione disciplinare delle pubbliche amministrazioni: la cosiddetta restitutio in integrum, ovvero la ricostruzione, giuridico economica, della posizione del dipendente che abbia patito un periodo di sospensione cautelare dal servizio.
Si tratta di uno dei temi maggiormente battuti dai percorsi giurisprudenziali, sin dall’epoca antecedente al mutamento di giurisdizione sul pubblico impiego, poiché la sospensione cautelare dal servizio è strumento del quale si è servita la P.A. per la gestione della (sovente) lunga fase temporale che accompagnava l’apertura del procedimento disciplinare e la sua sospensione nell’attesa della definizione del procedimento penale cui era, sino al 2009, subordinata la definizione del procedimento disciplinare connesso a quello penale.
Non a caso si rammentava la riforma intervenuta nel 2009 (D. Lgs. n. 150/2009, c.d. Decreto “Brunetta”), atteso che, come noto, con la modifica introdotta dall’art. 55 ter del D. Lgs. n. 165/2001, non esiste più una pregiudiziale penale obbligatoria, anzi la “regola” è quella, opposta a quella antevigente, della definizione autonoma del procedimento disciplinare, svincolata da quello penale.
Ciò comporta, sul piano dell’utilizzo dello strumento interdittivo, una evidente deflazione. La possibilità di definire la vicenda disciplinare senza dover necessariamente attendere i tempi della giustizia penale, riduce sensibilmente la necessità di dover ricorrere alla sospensione cautelare, visto che l’attivazione di tale strumento si giustifica, essenzialmente, con l’esigenza di tenere fuori dal servizio un dipendente sottoposto a procedimento penale allorquando non sia possibile valutarne la responsabilità disciplinare pur sussistendo ragioni che, anche per la tutela della funzionalità della P.A. e dell’immagine della stessa, ne impongono l’estromissione, per lo meno temporanea.
Quindi, in quella che la nuova regolamentazione dell’esercizio della potestà disciplinare delle pubbliche amministrazioni disegna come ipotesi fisiologica della risoluzione dei rapporti tra potestà disciplinare e procedimento penale, che culmina con l’autonoma definizione del primo, la sospensione cautelare trova margine operativo essenzialmente nel caso della sospensione cosiddetta obbligatoria o (più precisamente) necessaria, limitata al caso in cui il dipendente si trovi in stato di restrizione della libertà personale.

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